Uno slogan degli studenti diceva “La vostra crisi non la vogliamo pagare”. A me pare sacrosanto. Per tanto tempo ci hanno fatto credere di essere-come sosteneva Menenio Agrippa per convincere i plebei a lasciare l’Aventino e a tornare a lavorare, senza diritti, a Roma – membra di uno stesso organismo: se mancano le braccia (noi) o la testa (loro), il corpo non va avanti, dunque siamo nella stessa barca, o nello stesso corpo. A parte la metafora che potrebbe subire delle varianti nelle indicazioni fisiche, un tempo i patrizi almeno si scomodavano a parlare con la plebe, oggi nemmeno quello. Questa crisi economica, comunque la si definisca, non è certo determinata dai poveracci, la bolla speculativa finanziaria, la diffusione dissennata di carte di credito e la pubblicità martellante sui vantaggi dei pagamenti dilazionati, chi li ha voluti? L’idea che la vita sia consumo, chi l’ha messa in giro? Che poi molti ci siano cascati, è un discorso diverso e che bisognerà affrontare. Oggi leggo che i dipendenti della sanità (recte:le dipendenti) non potranno più chiedere il par time, se non per casi gravissimi. Ma lavorare a tempo parziale significa avere meno soldi, meno pensione, dunque perchè questo accanimento? Perchè ci mettono agli arresti domiciliari quando siamo in malattia, ci mandano in pensione sempre più tardi, ci negano il tempo parziale? Non sono il popolo della libertà? A me pare che tutto il peso di quanto sta accadendo, degli errori delle classi dirigenti, cadrà su di noi e sui nostri figli molto pesantemente e mi meraviglio che si sia ancora, noi plebei senza neppure i tribuni, così pazienti.
Erinni
Quando leggo interventi come questo, mi torna in mente La domenica delle salme di De Andrè, uno che a capacità d’analisi univa rara lucidità intellettuale.
E’ bene domandarsi chi ha messo in giro l’idea vita=consumo; è amaro constatare che la gente l’abbia accettata passivamente.
Ecco un’altra citazione musicale: Claudio Lolli con “ho visto anche degli zingari felici” (la si trova facilmente su youTube in una versione moderna di Carboni)
La canzone inizia con “siamo noi che nutriamo la terra…” e parla di zingari, degli esclusi e degli ultimi; come i bambini di Gaza, come gli immigrati dei campi del sud e quelli delle industrie del nord, come la signora dei giardini…
chi è che nutre la terra e chi la consuma?
leggo sui giornali di oggi che gli statali si vergognano di raccontare ai propri figli di essere statali e mi immagino la loro paranoia se dovessero anche raccontare di aver votato per Brunetta…
Io non ne sarei così convinta; molti di loro continuano a sostenere il governo Berlusconi e i loro ministri.
Se volete chiamiamolo “maso_speranzismo” (un misto tra speranza e masochismo :)).
La mia personale opinione è che, per dissentire, occorre essere informati.
Purtroppo l’informazione vera, quella libera (senza intenderla per forza d’un certo orientamento politico) è ormai in via d’estinzione.
Troppi affari, troppe economie, troppi interessi veicolano le notizie e l’informazione più che “di regime” diventa “a regime”, perfettamente ingrantata nel sistema politico e sociale che regola la vita dei cittadini.
Molti italiani non si vergognano perchè non hanno e non vogliono usare gli strumenti per crearsi una propria idea, libera ed indipendente.
Non dimentichiamoci che per Berlusconi chi dissente dai suoi propositi è anti-libertario, un “comunista” per dirla con un invettiva a lui tanto cara.
Bianco o nero.
Non esistono sfumature nel suo linguaggio.
E per chi desidera solo farsi un’idea di quel che accade in Italia e nel mondo, le dichiarazioni farneticanti di certi personaggi sono come una martellata alle “fondamenta” (voglio essere gentile).
Informarsi vuol dire anche
opporsi con ragionevolezza.
Non è così per molte persone e piuttosto che beccarsi in faccia una raffica d’insulti, di essere merce rara nella società, d’essere etichettato come “di sinistra” quando magari hai solo voglia di essere indipendente, molti preferiscono vivere il loro quotidiano e aspettare il voto: quelli che nutrono ancora qualche speranza voteranno; gli altri affolleranno la sempre più ampia schiera degli assenti.
La giustificazione se la fanno da soli.
La parola confronto, a livello politico, non esiste più da molto tempo.