Le imminenti scadenze elettorali spingono alcuni di noi a muoversi di sala in sala, di conferenza in conferenza, di presentazione in presentazione per vedere se e come la sinistra stia uscendo da una crisi che l’attanaglia dalla fine degli anni 80 ad oggi. La delusione dell’insuccesso della lista Arcobaleno e la scissione dentro Rifondazione Comunista ci vedono spettatori attenti, anche se sempre più dubbiosi, cauti e guardinghi. Nei giorni scorsi Claudio Fava ha presentato il nuovo gruppo Sinistra e Libertà, formato da Verdi, Socialisti e Sinistra Democratica. Pubblico conosciuto di ottime persone, da anni impegnate da questa parte della barricata. Tutti consapevoli di dover rispondere, e in fretta, alla deriva economica, morale, culturale e politica del nostro paese. Ci sono state domande dal pubblico. In una si sottolineava la frammentazione della sinistra e la possibilità che non ci fosse rappresentanza al parlamento europeo. In un altro intervento si diceva che se il percorso deve essere lungo, perchè bruciarsi con un’incerta campagna elettorale, dove, essendoci identità politiche ancora deboli, si rischia di prendere l’ennesima bocciatura? Ma una domanda a me è parsa la più interessante. Un signore ha osservato che il centro destra è riuscito a consolidare in questi anni un blocco sociale che comprende il ceto medio alto, gli evasori fiscali e il povero che ha paura che gli stranieri gli rubino il posto di lavoro e gli si piazzino davanti alla casa popolare. La sinistra come intende scalfire questo blocco? Con quali proposte politiche? Non ho registrato la risposta. Forse sarò stata distratta, ma non ho capito come politicamente, e non con appelli morali, si possa invertire la rotta. Se non sappiamo che fare, se abbiamo dalla nostra parte solo buona volontà ed entusiasmo, basterà l’indignazione a far cambiare rotta al paese? Perchè, invece di preoccuparci della rappresentanza nelle istituzioni, non iniziamo a parlare dei fondamentali?
adg
Credo che le due cose possano stare assieme. Da un lato la rappresentanza nelle istituzioni dall’altro la riflessione critica. Purchè la critica sappia leggere correttamente gli accadimenti reali. A tal proposito un pensatore “borghese” quale Max Weber scriveva che “Sono gli interessi (materiali e reali) e non le idee a dominare immediatamente l’attività dell’uomo. Ma le concezioni del mondo create dalle “idee” hanno determinato, come chi aziona uno scambio ferroviario, i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha mosso tale attività”.
Ebbene, con un apparato mediatico quasi totalmente pervasivo e lungamente (a partire dagli anni ’80) protratto nel tempo, si è mosso quello “scambio ferroviario” che ha incanalato in una direzione imprevista la dinamica degli interessi, anche quelli di classe, consentendo il saldarsi in un nuovo blocco sociale che vede accomunati i più abbienti e larghe masse di ceti popolari. Che fare?
Forse occorre riflettere su alcune “idee” lasciate dalla Sinistra improvvidamente in mano a questa destra. Penso alla parola ed al concetto di “libertà”, trasformato dalle “idee” in “libertà di fare ciò che si vuole,a prescindere da ogni vincolo o limite”; a quello di “legalità” a sua volta trasfuso nell’ossessione della sicurezza, e non nel rispetto delle regole, per tutti. Certo, il tratto distintivo tra Destra e Sinistra si misura sul concetto di uguaglianza, coniugato nella pratica politica con la solidarietà, ma anche a Sinistra non credo si possa prescindere dalle altre due “idee” che hanno mosso “gli scambi” della Storia.
Proviamo quanto meno a discuterne, così preparandoci alle prossime scadenze elettorali (anche locali).
dielle
Secondo me perché le parole rappresentino delle “idee” e non vacue enunciazioni di principi occorre che non siano rapportate a uno (fondamentalismo) o a infiniti (relativismo) sistemi di valore ma a mutevoli criteri regolatori flessibili, cioè in grado di offrire risposte diversificate a sempre nuovi problemi. Altrimenti ciascuno può manipolarle a proprio uso e consumo invocando Dio o la Ragione o quant’altro a garanzia delle proprie posizioni: sappiamo bene quante teste sono saltate “in nomine Dei” ma anche in nome della “libertà” della “giustizia” e perfino della “pace” e del'”umanità”.
In questa fase di transizione delle democrazie capitaliste occorre rimettere a tema – a livello filosofico certo, ma anche economico e politico – sia il contenuto che il metodo: in questo spazio non si può andare oltre all’enunciaizone dei problemi quindi nel primo caso occorre svincolarsi dall’idea che l’Impero del Capitale sia eterno, individuare le nuove “migrazioni dei popoli” per saltare senza troppi patemi sul carro del vincitore e costruire insieme a lui una nuova civitas plurale. Nel secondo correlativo caso occorre rimettere a tema la questione della rappresentanza (che alla fin fine in questo momento determina le regole della legalità, le definizioni di libertà e le forme della giustizia) affinché nel relativismo delle idee non prevalga alla fin fine la legge della giungla (mediatica, come dimostrato fra l’altro da film belli e discutibili come Matrix, Solaris, Lunga vita alla Signora o Quinto Potere…).
Forse siamo ancora lontani – forse addirittura troppo lontani per uscirne vivi – da una nuova sintesi in questo senso; forse l’unico spazio autenticamente costruttivo è il dibattito “in loco” e la rete di relazioni che da esso può generarsi con altre realtà locali con prospettive innovative per una rappresentanza futura.
Per quanto riguarda l’immediato delle prossime “europee” non trovo nulla di tutto ciò né nel pd dell’assai evanescente Serracchiani nè nei vecchi volti della Sinistra ex arcobaleno. Per questo forse “saltare un giro” non è sinonimo di incoscienza politica ma provocare/rsi ad una nuova riflessione.
ab
Non entro nel merito delle riflessioni filosofiche, che – peraltro – mi paiono piuttosto ingarbugliate. Circa, invece, il “saltare un giro” alle prossime Europee certo, lo si può fare ma mentre tu (o noi) ancora una volta riflettiamo, gli altri votano. E sempre a proposito di “saltare” voglio ricordare quel vecchio signore che diceva: “Hic Rhodus, hic salta”.
dielle
Se il confronto si fa sulle argomentazioni occorre conoscerne le radici filosofiche e sociologiche anche se possono sembrare “ingarbugliate” – nel caso ci si può sforzare di capire oppure, ancor meglio, di domandare cosa non si capisce; le valutazioni sui temi degli studenti le riserverei invece ad altri ambienti…
ab
Io mi sforzo di capire e – come suggerisci – ancor meglio domando: quale è il senso, strettamente logico, della tua affermazione laddove dici:”nel primo caso (riferendoti al contenuto, immagino)occorre svincolarsi dall’idea che l’Impero del Capitale sia eterno,individuare le nuove “migrazioni dei popoli” per saltare senza troppi patemi sul carro del vincitore e costruire assieme a lui una nuova civitas plurale”.
Ecco, mi piacerebbe capire: quale è l’ermetismo filosofico che si cela sotto tale tua affermazione?
In ogni caso, non mi è mai passato per la mente di esprimere “valutazioni sui temi degli studenti”. Se ho urtato qualche particolare sensibilità me ne dispiaccio.
dielle
Dietro alle mie sintetiche affermazioni c’è la lettura di diversi studi classici relativi alla fine dei grandi imperi (Ward – Perkyns, Bloch, Febvre, P. Kennedy e altri).
Secondo alcuni il Medioevo – periodo complesso ricco di molte ombre e di molte luci – è nato proprio quando gli scrittori cristiani hanno “scaricato” l’impero romano sulla cui eternità disquisivano fino a qualche decenio prima e sono “saltati” sul carro dei popoli che giungevano dall’Oriente e dalla Pannonia: da questo incontro/scontro culturale è nata una nuova sintesi che fino ad un certo punto è stata “plurale” cioè in grado di consentire la convivenza di culture, lingue, storie e vicende alquanto diverse fra loro. Qualcosa di simile è accaduto quando sono crollati gli imperi inglese, ottomano e cinese, ma anche – in fondo – dopo la liberazione dal nazifascismo che ha portato all’elaborazione di una ricca Costituzione democratica e pluralista…
Ecco, volevo dire che una nuova sintesi culturale e una nuova conseguente visione politica nasceranno – a mio e non soltanto mio parere – dalla contaminazione culturale e spirituale fra l’Occidente determinato in questi ultimi secoli dallo sviluppo di un capitalismo sempre più globale e l’Oriente (inteso come “resto del mondo”) che si rende presente fra noi attraverso le nuove grandi migrazioni dei popoli. Questo straordinario incontro potrebbe generare una nuova sintesi in grado di tirarci fuori dalle secche nelle quali ci troviamo, a condizione appunto che non sia troppo tardi e che la globalizzazione dei mercati non sia riuscita a spegnere l’originalità delle culture e a omologare il mondo sotto un unico padrone, il Denaro.
Si può andare oltre la situazione attuale? Io penso di sì, a condizione di non passare l’esistenza soltanto a rattoppare le falle senza pensare a tessere un nuovo vestito…
ab
Non è che mi hai convinto, ma quanto meno i tuoi dotti riferimenti storico-culturali ora hanno disvelato una analisi compiuta senza la quale la precedente sintesi espositiva appariva – in ogni caso – di ardua e difficile comprensione o, come ho detto, risultava “ingarbugliata”. Circa i motivi per i quali non sono persuaso dalla tua analisi magari li rimandiamo ad altra più acconcia sede.
dielle
se la sinistra suscita dibattiti così accesi vuol dire che siamo messi meglio di quanto sembri. C’è cultura, passioni ed idee che potrebbero essere utilmente sviluppate in discussioni che forse è il caso di fare al più presto.