Il grande sconfitto di queste elezioni non è Berlusconi che si rattrista di non aver superato l’asticella del 40%; non è Franceschini che riesce a godere di un evidente insuccesso elettorale; non sono i partiti della Sinistra divisa che piangono sul latte versato… Il grande sconfitto siamo noi, che crediamo nell’Europa “unita nella diversità”. Non l’unico, ma uno dei più importanti motivi di un astensionismo temperato in Italia dalla coesistenza di una rilevante tornata amministrativa, è lo scarso credito dato a un’istituzione come è il Parlamento europeo. Nella stessa campagna elettorale si è parlato molto poco di Europa (escluso Igor Komel, che ha posto giustamente il suo accento quasi solo su questo tema ma che non aveva a disposizione gli immensi mezzi mediatici di tanti giovani outsider di belle speranze), i commenti del giorno dopo non l’hanno quasi neppure nominata; a livello continentale neppure la metà degli aventi diritto sono andati a votare, gli Stati nuovi membri dell’Unione hanno riscontrato percentuali di votanti infime che hanno favorito formazioni partitiche marginali e minacciose. Tutto ciò è veramente molto preoccupante perchè al di fuori del percorso verso un’Europa unita – con tutti i problemi che esso può comportare – non si intravvede una via che possa garantire pace, benessere e stabilità ai suoi 27 membri e a quelli che si potrebbero aggiungere in futuro. Del resto che a Berlusconi l’Europa non interessi un piffero lo ha detto lui stesso nei suoi numerosi spot elettorali: dateci il voto così potremo difendere meglio gli interessi dell’Italia. Dunque non era importante rendere più forte l’Europa, ma garantire gli interessi particolari del proprio Stato (o meglio, della propria bottega!).
E’ strano affermarlo, ma sembra proprio che non ci resti che guardare con speranza al di là dell’Atlantico: saranno gli Usa di Obama a ridare dignità e respiro ideale a un Occidente stanco?
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