Mi pare giusto quello che afferma l’assessore alle finanze quando dice che non sempre vendere stabili e locali rende economicamente e che bisogna essere prudenti. Si riferiva al programma di dismissioni di immobili del comune previsti nei prossimi anni. Più che vendita sembra una svendita di un patrimonio, che, ricordiamolo, è pubblico, quindi di tutti i goriziani. Qualcuno, certamente, farà dei buoni affari, ma il complesso della città perderà alloggi e appartamenti. In ogni caso l’alienazione sembra l’estrema mossa per fare cassa. Ci rendiamo conto che i tempi sono di crisi – anche se il leader della maggioranza minimizza – ma è proprio in situazioni difficili che è necessario un colpo d’ala. Vendere è la strada meno intellettualmente difficile da perseguire, e forse economicamente la meno redditizia. Mi riferisco in particolare ai due edifici siti presso gli ex valichi del Rafut e di S. Pietro. Perché invece di alienarli non li utilizziamo come un pezzo del Museo del Novecento? Anche se piccoli, sulla falsariga di quanto succede in Slovenia, dove altri locali di ridotte dimensioni vengono utilizzati in questo senso, potremmo adoperare gli edifici per raccogliere dei materiali relativi al periodo del secondo dopoguerra, che induca il visitatore a ripercorrere, in diverse tappe, camminando o con la bicicletta, la storia di Gorizia. Potremmo pensare di far custodire il museo da qualche giovane in Servizio Civile o a qualche disoccupato con contratto di solidarietà. Il punto è comprendere che la vocazione turistica di Gorizia passa per la valorizzazione del suo territorio, dei segni di guerra e di lacerazione che l’hanno attraversata. Quella storia va superata, ma non vanno cancellati i manufatti che la testimoniano, pena la perdita totale dell’identità della nostra città. Mi aspetto, per perfezionare la proposta, sia convocata quanto prima la commissione cultura del Comune per progettare un programma di valorizzazione pubblica degli edifici del Rafut e di S. Pietro.
Anna Di Gianantonio, consigliere comunale Forum
Io credo che proprio nei momenti di crisi non bisogna vendere i locali di proprietà del Comune perché di questo patrimonio sono comproprietari ricchi e poveri in ugual misura. Vendendo e acquistando quel patrimonio pubblico, i ricchi diventano più ricchi e i poveri, che lo perdono, diventano più poveri. E il Comune con i soldi che fa? Rotonde!
le due casermette confinarie sono perfette per essere utilizzate come museo del novento. Anzi sono esse stesse PEZZI DI MUSEO e l'idea del Comune di venderle a privati è davvero insensata.
Franco
Bene, amici, allora proponiamo che a gestire i pezzi di museo sia Isonzo soca, con altre associazioni similari. La nostra identità non è quella dei figuranti medioevali, ma quella del territorio diviso dopo un trentennio di guerre. Se la perdiamo diventeremo una inutile ed insulsa cittadina senza attrattiva alcuna.