Il Comune di Gorizia ha deliberato mesi or sono la vendita dei valichi confinari di San Pietro e del Rafut. La notizia è stata riportata all’attenzione dell’opinione pubblica dalla consigliera del Forum Anna Di Giannantonio che presenterà al prossimo consiglio comunale una mozione volta a bloccare l’alienazione dei due valichi proponendo la loro valorizzazione come sedi museali e tasselli di quel Museo del Novecento di cui da anni si parla e nulla si è ancora concretizzato.
Se tale privatizzazione andrà in porto, il Comune incasserà settanta mila euro. Ben poca cosa, a mio parere, se confrontata con la perdita di due punti chiave da cui la storia del Novecento non solo è passata ma è rimasta bloccata per sessant’anni. Si perderebbe, inoltre, l’opportunità di completare la rete museale in chiave contemporanea.
Certo nè il Rafut né S. Pietro rivestono valore artistico o valore architettonico ma la valenza storica è indiscutibile, da qualsiasi parte la si valuti. Prioritario sarebbe farli rimanere nel patrimonio del Comune come beni di interesse storico collettivo non solo per i Goriziani ma in particolar modo per quanti, non del luogo, aspirano a comprendere anche le problematiche sociali, economiche e antropologiche che generò il confine creatosi tra Italia e Yugoslavia dopo il 1947. Un territorio per molti secoli omogeneo vide cambiare nel corso del’900 la propria appartenenza nazionale più volte. E’ proprio questo che affascina il turista colto, in particolare italiano, quello che non si sottrae alle calure estive goriziane ed alle manchevolezze del nostro sistema turistico pur di raggiungere il suo scopo. E’ proprio del turista colto che Gorizia ha bisogno per confrontarsi, riproporsi, crescere oltre le strettoie psicologiche che quel confine ha generato e che i Goriziani scontano ancora e fanno scontare a che viene qui per un giorno o per la vita.
Per consolidare la memoria storica recente servono idee nuove, una struttura museale snella, quasi itinerante in cui i due ex valichi potrebbero fare da baricentro caratterizzando l’offerta, penso ospitando sia testimonianze – sintetici cartelloni tematici, pochi e significativi documenti od oggetti d’epoca visto lo spazio ridotto degli edifici in questione – sulla storia della Guerra Fredda sia fungendo da punto informativo storico-culturale con proposte di itinerari, visite a tema sia per studenti che per gruppi o per il singolo turista. Oggi è sempre più forte la richiesta di conoscere le diverse componenti che hanno costruito e reso speciale un territorio piuttosto che la sua visione settoriale, tipica di un’impostazione museale ormai superata. Dal valico del Rafut, posto nella conca che distanzia il colle del Castello da quello della Castagnavizza, si possono osservare infatti ed in modo esemplare le trasformazioni di un territorio variegato sia dal punto di vista geografico che da quello storico e urbanistico. Qui le testimonianze della seconda metà del ‘900 si intrecciano con quelle delle epoche precedenti: il sistema dei colli urbani, il parco Panovec, il convento della Castagnavizza con la cripta dei Borboni e la biblioteca, il Castello con il museo della Grande Guerra, la villa Lasciac con il suo bel giardino, la ferrovia Transalpina, le trasformazioni agricole passate e recenti, le ultime urbanizzazioni. Un territorio urbano in cui due Stati, Italia e Slovenia, vivono ancora corpo a corpo, alcune strade e case divise a metà, ma con leggerezza, il passato buio alle spalle.
Far conoscere il museo a cielo aperto che sta dentro la città è una sfida che il Comune di Gorizia dovrebbe raccogliere anche a beneficio di una più elastica visione della città che è storia politica e civile, architettura, paesaggio, ambiente e natura insieme. Un ex valico dentro la città è diventato un lusso che molti già ci invidiano, perché liberarsene allora?
Sonia Kucler
Ben scritto il post!
E' importante mantenere un legame con il patrimonio che ereditiamo dal lavoro congiunto di storia e natura.
Davvero un delitto vendere due pezzi della nostra storia posti proprio in quella posizione così simbolica e strategica sul territorio!
Anch'io penso che vendere sarebbe un delitto. A me pare che mantenere i due ex valichi all'uso pubblico rappresenti per Gorizia una promozione di questi due beni storici e ambientali, e una pubblicità per la città, per dimostrarne l'identità, unica e particolare, attraverso la quale si rafforza l’idea stessa di “gorizianità”.
Intesa nella stessa ottica con la quale si è voluto re-intitolare l'Auditorium della cultura goriziana.
Paolo
Beh, ma praticamente che si può fare?
Riepiloghiamo buttandola anche sull'economico.
Il Comune svende a due privati un patrimonio che è di tutti i cittadini di Gorizia. Lo fa senza chiedere ai goriziani se sono d'accordo. In cambio ottiene un ridicolo ricavo economico e inoltre non racconta come spenderà i soldi ricavati (per ipotesi con quei soldi potrebbe rifare un pezzetto di marciapiede a Lucinico o pagare qualche consulenza esterna o qualcos'altro di altrettanto poco rilevante)
Perché il Forum non chiede ufficialmente di non vendere e di mettere “a reddito” la struttura come ipotizzato nell'articolo?
Solo chi è di scarse vedute non riesce a capire che questo patrimonio potrebbe far fruttare più soldi in futuro!
La pubblicità per Gorizia di avere due “valichi dentro la città” (bello il titolo dell'articolo sembra anche uno slogan turistico) se ben sfruttata potrebbe portare ricadute sul territorio e ritorni anche dal punto di vista occupazionale.
Ma dove sta l'affare a vendere?
e allora? su dai!
perche al Forum no se fa avanti? o anche voi sè senza coragio, visto che le idee le xè?
ecco, concordo in pieno con Sonia, non si può lasciar passare questa alienazione di beni che non porterà nessun vantaggio alle casse comunali, e allo stesso tempo non credo che l'attuale governo della città sappia farne buon uso … perciò, davvero, perchè il Forum non cerca di ottenere un riuso giusto per queste strutture? perchè non ricervare finanziamenti pubblici per adattarle ad uso museale, sostituendos proprio ad un'amministrazione comunale inefficente?