Se l’assenza di un’autentica Sinistra dal dibattito politico italiano si fa sempre più sentire, il Partito Democratico stupisce ogni giorno di più: le assenze dei suoi deputati hanno consentito al Pdl di superare la prova della difficile votazione sullo scudo fiscale, una sconfitta avrebbe portato il governo Berlusconi sull’orlo dell’abisso. Anche a Gorizia non si scherza, i sostenitori di Franceschini-Serracchiani, Bersani-Martines e Marino-Carloni si sfidano senza esclusione di colpi, mentre in Consiglio Comunale l’apparentemente compatto ex-Ulivo vede delineate almeno tre strategie differenti (Slovenska Skupnost; Portelli – Waltritsch con l’appoggio esterno di Orzan; Rota e Mosetti, quest’ultimo perlatro quasi sempre assente dalle sedute).
E’ il segno di un partito nato male e avviato a una repentina disgregazione: tutto sembra far pensare a una tripartizione, l’ala destra – dalla Binetti a Rutelli – a costituire il Centro neodemocristiano con Casini e forse con il sempre più interessante Fini, l’ala centrale stabilizzata su un Centro sinistra di governo con gli ex prodiani e lo stesso Bersani, quella sinistra a tentare di ricomporre l’arcipelago della Sinistra devastato dalle recenti elezioni politiche, regionali e europee.
Secondo alcuni in fondo non sarebbe poi un dramma, si costituirebbe un sistema tipico in altre democrazie occidentali: cinque schieramenti con un centro in grado di allearsi da una parte o dall’altra e due componenti di stabile opposizione. In realtà non sarebbe un dramma se non si trattasse di un qualcosa già visto, e per ben quarant’anni in Italia!
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