In questi giorni molte persone, tra cui numerosi esponenti del mondo politico, hanno avuto modo di esprimere la loro soddisfazione per l’approvazione della pregiudiziale di costituzionalità contro la proposta di modifica all’articolo 61 del codice penale, concernente l’introduzione della circostanza aggravante relativa all’orientamento o alla discriminazione sessuale; in parole povere la loro soddisfazione risiede nel fatto che la Camera dei Deputati ha ucciso sul nascere la discussione su una proposta di legge che per la prima volta avrebbe riconosciuto il grave e diffuso problema delle aggressioni e prevaricazioni verso le persone omosessuali, cercando di porre un argine normativo alla violenza verbale, fisica e psicologica che contrassegna il clima omofobico del nostro paese.
La miopia di chi esulta, perfino in nome del cattolicesimo, per un atto che calpesta la dignità della persona umana ed avalla la discriminazione per orientamento sessuale, mi spaventa. Mi spaventa perché le mostruosità contenute in quella pregiudiziale non si limitano al piano giuridico, ma riguardono la cultura civile di un paese: associare l’orientamento sessuale alla zoofilia e alla necrofilia non significa solo peccare di ignoranza vera o presunta, non sapendo o non volendo distinguere tra una condizione costitutiva dell’essere umano e dei disturbi del comportamento sessuale; significa alimentare scientemente i pregiudizi che rafforzano una cultura dell’esclusione, della discriminazione, dell’odio, una cultura che in Italia, nel solo 2009, ha portato ad 8 omicidi e 65 violenze ed aggressioni. Ma la violenza, che cresce nel funesto clima omofobico, non sporca solo le mani di sangue: l’omofobia costringe le persone a nascondersi e al silenzio: quando nell’ambiente in cui cresci, vivi, studi o lavori le battute, le frasi ironiche fanno parte di un linguaggio comune; quando una chiesa, che si proclama custode dell’etica ed autorità morale di un paese, afferma che come omosessuale sei intrinsecamente disordinato e depravato, è difficile vivere alla luce del sole, avere il coraggio di parlarne con persone di cui non ti fidi, che non conosci, che non sai come reagirebbero. Preferisci stare nel silenzio, anche quando ti insultano, quando subisci una violenza: quei numeri sopra riportati sono purtroppo solo la punta di un iceberg.
Affossare questa proposta di legge ha significato arrestare nuovamente il progresso civile di una comunità che si riconosce nei principi costituzionali della dignità e dell’uguaglianza delle persone; su un piano simbolico, e non più giuridico, quest’atto continua a confermare nella nostra società un regime di apartheid dove i diritti non sono uguali per tutti e ad alcune persone è escluso il riconoscimento sociale a causa del loro orientamento sessuale. Stiano pure tranquilli tutti quelli che, in nome di un presunto ordine naturale, sanno chi può star dentro e chi deve star fuori la società: nessuno vuole intaccare la libertà di pensiero e di parola, garantita dalla nostra Costituzione. Voglio solo rammentare loro che, quando le persone sono vittime di violenze, soprusi e discriminazioni per il loro orientamento sessuale, la responsabilità non riguarda solo la mano di chi si è macchiato di quella violenza ma chiama in causa l’intera collettività che, attraverso i discorsi e le leggi, ha reso quelle persone socialmente invisibili, vittime ignorate perché esseri umani fatti scivolare nella condizione di non-persone.
dizeta
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