“Le affermazioni di Carlo Giovanardi sulla morte del giovane Stefano Cucchi sono gravissime, dal punto di vista etico ma anche nel merito dei fatti”, dichiara Lucio Babolin, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA).“In primo luogo,” nota Babolin, “il sottosegretario entra a gamba tesa in una discussione tuttora aperta: quella relativa alle cause della morte di questo sventurato ragazzo. Quando gli stessi esponenti del suo Governo si sono limitati a chiedere un accertamento dei fatti. Perché non tace?”“Quando poi Giovanardi afferma”, continua Babolin, “che Cucchi è morto per colpa della sua anoressia, della tossicodipendenza, del suo corpo fragile non può che intendere una di queste due cose: o che Cucchi non ha subito alcuna violenza – e le prove contro questa ipotesi si fanno ogni giorno più forti e numerose – oppure che, se anche avesse subito atti violenti, è il suo corpo debilitato che non gli ha permesso di sopportarli. E questo sarebbe ancora più grave, perché manifesterebbe una tolleranza inaccettabile verso la violenza contro i detenuti.”“Il povero Stefano è diventato una ‘larva’, uno ‘zombie’ – per usare le parole di Giovanardi – non per colpa della ‘droga’, ma perché, probabilmente, qualcuno lo ha pestato e qualcun altro non lo ha assistito come avrebbe dovuto. Ancora una volta l’ideologia in materia di droghe finisce per dare vere e proprie allucinazioni al nostro sottosegretario. A questo punto, occorre chiedersi se l’approccio e la stessa disposizione d’animo manifestati da Giovanardi con queste sue dichiarazioni siano compatibili con il suo ruolo di guida della politica sulle droghe nel nostro paese.”
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