Il sindaco Romoli, dopo un paio d’anni di assestamento, ingrana una marcia superiore e inizia a raggranellare relazioni importanti. Scatta e pedala sostanzialmente da solo nell’ambito dlela propria amministrazione.
“Apre” ai vicini Comuni sloveni, si incontra sempre più frequentemente con Pizzolitto a Monfalcone (vedi vicenda Iris e probabilmente prossima difesa della sanità goriziana), riesce a “portare” ospiti significativi in zona, Tondo i prossimi sabato e lunedì, Berlusconi in dicembre per la prima pietra della Villesse – Gorizia, accoglie con simpatia i graditi inviti delle associazioni slovene, incassa le ovazioni dei numerosi giovani del Pdl…
Ha anche smesso di sparare promesse, forte della prossima inaugurazione delle prime opere pubbliche, appropriandosi con orgoglio di ciò che era stato impostato dai suoi predecessori: e come risulta stucchevole l’addossare ogni responsabilità di ciò che va male a chi c’era prima, così risulta poco elegante rivendicare con troppa forza i meriti passati di opere che di fatto vengono restituite oggi ai cittadini. La memoria dei quali ordinariamente non è tanto impegnata nella ricerca di ciò che è stato quanto nello sguardo a ciò che c’è.
Insomma, con una città sempre più marginalizzata dai circuiti europei, con una Sanità a pezzi, un piccolo commercio in ginocchio e prospettive imprenditoriali più o meno zero, chi è stato tra quelli che con le loro scelte hanno avviato questa lunga deriva ora si presenta – e viene accreditato tale – come il salvatore della città, il demolitore degli ultimi muri, l'”eroe” dei lavori pubblici. E molti, per convenienza o per convinzione, gli credono.
Per chi non ci sta è tempo di deporre le asce di guerra e riaggiornare le strategie affinché le grandi idee che hanno guidato i percorsi passati non vengano travolte dall’attivo pragmatismo sorridente e sornione della destra romoliana.
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