Feltri dichiara “candidamente” che il polverone sollevato contro l’ex direttore di Avvenire Dino Boffo non aveva ragione d’essere in quanto egli stesso si era fidato di una fonte “insospettabile” rivelatasi poi “inattendibile”. Ovvero il direttore del giornale di famiglia di Berlusconi non avrebbe controllato i documenti relativi a quella che si è rivelata una squallida calunnia. Già quando il falso “moralizzatore” aveva lanciato i suoi strali molti si erano chiesti se un tribunale mediatico che non preveda prove e difese possa essere considerato “giornalismo”. Ora che lo stesso responsabile della calunnia è reo confesso si può veramente usare la parola “schifo”. Senza dimenticare però la proprietà berlusconiana del Giornale, la lunga esperienza di Feltri che difficilmente potrebbe far pensare a un involontario “incidente di percorso” e il risultato ottenuto cioè le dimissioni di un direttore che aveva osato sollevare dei dubbi sulla moralità personale del premier. Altro che libertà di stampa! Resta ancora una domanda, ancor più stringente e inquietante alla luce delle “confessioni” di Feltri: perché la Conferenza episcopale italiana ha accettato subito le frettolose dimissioni di Boffo, esponendolo di fatto ad un vero e proprio linciaggio mediatico?
Vittorio Feltri si conferma il LITTORIO Feltri di sempre. Una volta battitore libero ora al soldo del piduista Berlusconi.
Dario Ledri
E' quello che mi chiedo anch'io. La Chiesa commenta con un "scusw tardve". Ma quali scuse: Feltri è un killer, uno sciacallo politico, la cosa è gravissima: questo è un direttore di giornale e nessuno, dopo una simile bassezza, lo invita ad andarsene?