La questione della violenza non è da sottovalutare.
Anche il Centro di Identificazione e Espulsione (Cie) di Gradisca d’Isonzo è finito sulle prime pagine dei giornali, dopo l’arrivo di una rudimentale lettera bomba che avrebbe potuto fare molto male al direttore; secondo alcuni inquirenti ci sono similitudini con simili gesti dimostrativi verificatisi a Milano e altrove, attribuiti a non meglio specificati “gruppi anarchici” (ma quelli conosciuti hanno tutti ripudiato con fermezza simili atti). La statuetta contro Berlusconi, gli oggetti contundenti “artigianali”, le esplicite minacce di limitazione delle libertà di espressione sulla rete di Internet che secondo Schifani può contribuire a creare un clima “peggiore di quello degli anni di piombo”… Tutto ciò inquieta non poco, data la poca chiarezza delle informazioni e i fiumi di commenti strumentali riversati sui media ben prima della formulazione di qualsiasi ipotesi investigativa “fondata”.
Solidarietà piena a chi è stato colpito e minacciato in questi giorni, ma anche un invito alla vigilanza a tutti coloro che non condividono le politiche governative: a chi giova innalzare ulteriormente la tensione? Chi può trarre vantaggi da un eventuale ferimento di una persona che svolge il proprio lavoro dirigendo il Cie di Gradisca? Mah…
La nonviolenza nelle legittime proteste oggi non è solo un obbligo morale: è una strategia della non-tensione per vincere democraticamente una pacifica battaglia contro le leggi ad personam, l’inefficienza delle misure anticrisi, la degenerazione del concetto di “bene comune”, le politiche pararazziste di gruppi vicini al governo nazionale e regionale, la detenzione nei Cie di persone che non hanno commesso reati, i tagli sistematici al welfare e alla cooperazione internazionale.
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