“Non dire gatto se non l’hai nel sacco”, per dirla con Giovanni Trapattoni o, più banalmente e tradizionalmente, “non vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso”. E invece pare sia quello che accade con la vicenda Iris in cui già si quantificano i tesoretti, meglio sarebbe dire veri e propri tesori, per Gorizia, Monfalcone e via via per tutte le comunità dell’Isontino. Forse per comodità di conto si ragiona di cento milioni di euro, a cui si devono sottrarre circa 28 milioni per ripianare i debiti accumulati in quasi sette anni di attività, peraltro comprensivi della ricca dote debitoria ereditata da Iris al momento della sua nascita quale pesante lascito delle gestioni di Enam e Ami, nonché della decina di milioni per potenziare e migliorare la gestione del ramo ambiente. Questa in sintesi, la previsione azzardata dall’assessore al Bilancio Guido Germano Pettarin, forte della sua esperienza di bancario. Il tesoro spettante a Gorizia, secondo questa previsione, sarebbe superiore ai 20 milioni di euro, cifra davvero importante che permetterebbe di rimpolpare le esangui casse comunali. E già si sprecano le ipotesi sul suo utilizzo: secondo il sindaco Romoli, che già aveva a suo tempo suggerito un impiego consistente per gli interventi previsti in Corso Italia, una parte sarebbe impiegata per migliorare il centro storico, un’altra accantonata da far fruttare, un’altra ancora a sostegno dell’assistenza e delle attività produttive. Analogo il tenore delle dichiarazioni di Pizzolito, sindaco di Monfacone, che individua una priorità nell’abbattimento delle tariffe, e quindi il sociale e solo poi i lavori pubblici. L’augurio sincero è che tali ottimistiche previsioni siano confermate dai fatti all’atto della verifica delle offerte, solo che qualche doverosa preoccupazione o quantomeno cautela crediamo vada avanzata.
Lo scorso anno, prima dello scatenarsi della crisi, l’offerta vincolante di Amga, poi lasciata cadere con decisione quasi unanime dell’assemblea dei sindaci, ammontava a 90 milioni di euro di cui circa la metà in contanti, e il resto in partecipazioni azionarie. Sembra realistico ipotizzare, nell’attuale panorama economico e pur in presenza di una pluralità di soggetti interessati all’acquisizione del ramo gas/energia di Iris, una sensibile riduzione dell’offerta complessiva, ma anche ipotizzando la cifra dei cento milioni in ogni caso si deve considerare che tale cifra sarà solo in parte corrisposta nella forma “cash”, mentre un’altra significativa quantità sarò oggetto di partecipazioni azionarie. Allora, anche ipotizzando un offerta “cash” del 60% o del 65 %, ecco che il tesoro derivante dalla vendita di Iris si ridimensiona di molto, pur rappresentando in ogni caso un valore significativo. E sempre che l’offerta non scenda sotto il valore di 90 milioni di euro, nel qual caso potrebbero esserci dei ripensamenti, come già anticipato dal presidente Armando Querin, sull’intera operazione di vendita. In questioni così delicate, crediamo che un po’ di cautela non guasti, anche per non rischiare di illudere i cittadini di tutto l’Isontino con annunci ad effetto (100 milioni). Si tratta di attendere solo poche settimane per conoscere il vincitore, e sempreché non siano già in azione le “gole profonde”.
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