Brutta storia quella della pedofilia dei preti.
La Chiesa ufficiale nel recente passato ha fatto tutto il possibile per evitare di consegnare alla giustizia civile chi si è macchiato di orribili colpe; ha negato il negabile fino a quando tante squallide storie hanno “bucato” l’ostracismo e sono finite sui media di tutto il mondo.
Vista la mala parata ha tentato adesso un giochetto che le è consueto: con la “lettera ai Vescovi irlandesi” da una parte papa Ratzinger scarica senza molta misericordia i rei accusandoli di aver macchiato l’onore dell’istituzione, dall’altra cerca addirittura di rovesciare la situazione descrivendo la Chiesa stessa come povera vittima delle stumentalizzazioni “laiciste”.
Non una parola di autocritica, non una manifestazione di stupore per l’estensione assolutamente superiore a ogni previsione del problema, non un minimo ripensamento dell’impegno celibatario. Sì, perché è difficile negare un qualche indiretto rapporto tra la pedofilia e la repressione dell’esercizio della sessualità.
In questi ultimi anni si sono registrati numerosi interventi del magistero cattolico per la salvaguardia della sua concezione di “natura umana”; anche in questo confuso periodo pre-elettorale si è arrivati fino all’indicazione dei “principi non negoziabili in quanto naturali” da tenere presenti nel momento del voto.
Eppure permane questo millenario obbligo “contro natura” non certamente mitigato dalla “libera accettazione” da parte di chi lo assume; non tutti, ma sicuramente molti religiosi non riescono a sopportare il giogo e la loro esistenza viene lentamente sopraffatta da una profonda insoddisfazione: spesso non hanno il coraggio – o la possibilità – di “rompere le fila” e si rifugiano nel segreto di sofferte relazioni etero o omosessuali oppure nella passione onanistica per il raggiungimento di piccoli obiettivi di potere o di sublimazione individuale; come accade anche al di fuori dell’ambito ecclesiastico ma in forma acuita dalla privazione coatta, in alcuni casi di particolare fragilità la situazione precipita nella patologia e si traduce nell’incapacità di costruire relazioni adulte fra pari e nella conseguente odiosa insidia nei confronti dei soggetti più piccoli e indifesi.
Invece di gridare all'”offensiva relativista dei laicisti planetari” la Chiesa dovrebbe aprire un serio e approfondito dibattito sulle cause interne di una débacle che è troppo comodo attribuire sempre e soltanto all’intrinseca debolezza di alcuni singoli suoi preti.
ab
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