La situazione che si è venuta a creare con l’eliminazione delle liste pdl in Lazio e in Lombardia non è soltanto un clamoroso pasticcio ma anche una seria minaccia alla civile convivenza.
Da una parte il decreto “interpretativo” del Governo sottoscritto da un sempre più incomprensibile presidente della Repubblica “legalizza” la trasgressione delle regole elettorali consentendo a chi ha sbagliato di rientrare in gioco a tempo abbondantemente scaduto: “forti con i deboli e deboli con i forti”, come giustamente accusa Casini, “golpe elettorale”, come titola il Fatto quotidiano.
Dall’altra parte una competizione alla quale non partecipa uno dei partiti oggettivamente più rilevanti potrebbe aprire scenari altrettanto inquietanti: per esempio l’astensione di tutti i supporter aggiunta a quella “fisiologica” con una coalizione vincente pressoché all’unanimità, ma sostenuta da una percentuale veramente irrisoria di elettori. Come “governare” cinque anni una Regione relegando un’opposizione così consistente fuori dalle aule della democrazia rappresentativa senza che ciò si trasformi in uno stillicidio di scontri di piazza sempre più violenti?
Occorre un soprassalto di consapevolezza politica: il centro destra dovrebbe ammettere il proprio straevidente errore chiedendo scusa a tutti e in particolare ai propri elettori, invitandoli comunque a votare per rispetto delle regole democratiche e promettendo un’opposizione “extraconsigliare” creativa e propositiva; il centro sinistra dovrebbe sinceramente rammaricarsi per una situazione assurda della quale non è in alcun modo colpevole e assicurare la disponibilità ad ascoltare più possibile fuori dalle aule consigliari le istanze dei cittadini che non si sentiranno sufficientemente rappresentati.
Il rischio di un conflitto politico ingestibile in un momento di delicata crisi sociale non può essere scongiurato da inaccettabili “fuffignessi” ma soltanto da una nuova moralità politica e istituzionale.
Andrea Bellavite
Dunque, l'ineffabile GIorgio Napolitano alla fine ha firmato il decreto. Bersani finge di strapparsi i capelli (che non ha)e invoca la piazza. D'Alema, invece, finge di strapparsi i baffetti (che invece ha)e difende Napolitano che non poteva non firmare. Una regia perfetta: il Pd tuona contro Berlusconi ma difende Napolitano in un perfetto gioco delle parti. reta forte il sospetto, adombrato anche sulla stampa nazionale, di un ok al "decreto interpretativo (e giammai "innovativo"!) da parte del Pd. Quelli oramai da tutti riconsciuti come i "diversamenti concordi". Relegato alla piazza il povero Di Pietro, il solo che grida "al golpe istituizionale". Per gli altri, si sa, grideranno al golpe solo dopo l'emanazione delle "leggi fascistissime".
Donald Lam
p.s. Per coloro che non hanno memoria è consigliabile leggere l'articolo di Marco Travaglio su "Il Fatto Quotidiano" di ieri 5 marzo, a proposito delle reazioni del centrodestra nel 2005 alla lista Mussolini alle elezioni del Lazio. Leggere per credere!