Mentre per il Castello vengono investiti quasi 300 mila euro non si fa nulla per sviluppare la ricerca storica e l’approfondimento del Novecento goriziano. I valichi si svendono, il progetto Archivio della Memoria, rispetto al quale l’assessore si era reso disponibile con uno stanziamento tra i 3000 ed i 5000 euro, è fermo. L’amministrazione punta tutte le sue chance di rilancio turistico e culturale sulla “Gorizia medioevale”, senza riflettere sul fatto che i visitatori e le scolaresche d’Italia non verranno certo a Gorizia per vedere il nostro maniero, ma per trovare i segni del confine, i luoghi delle guerre, l’Isonzo.
Comunque, neppure quei pochi spiccioli promessi sono stati investiti: tutto tace a livello ufficiale, mentre molte cose si stanno muovendo su altri piani. Negli ultimi tempi l’amministrazione ha chiaramente dimostrato di far propria un’unica memoria: quella di coloro che si sono aggregati a Gladio, per difenderci clandestinamente dal comunismo, quella degli esuli, delle vittime delle foibe, dei cosiddetti “difensori del confine orientale”, in particolare appartenenti alla Decima Mas e al Battaglione Mussolini, organizzazioni che hanno combattuto al fianco dei fascisti e dei nazisti nel secondo conflitto.
La giunta fa propria questa memoria a senso unico, tanto da ospitare nell’atrio del Municipio una mostra su questi temi dell’associazione culturale Silentes Loquimur di Marco Pirina, recentemente condannato in Cassazione per diffamazione a mezzo stampa ai danni di tre partigiani accusati nel volume “Genocidio”di aver deportato cittadini italiani nel maggio ’45.
Credo che Gorizia sia una delle poche città d’Italia dove il fascismo sia stato così decisamente sdoganato, senza tenere minimamente conto dei danni che la dittatura ha causato al confine orientale, del carico di dolore di cui il regime è stato portatore ai danni di chi rifiutava la sua politica razzista e discriminatoria.
Una Giunta comunale responsabile che si facesse carico di tutti i cittadini goriziani starebbe attenta a svolgere un lavoro culturale teso al dialogo, al confronto reciproco, all’ascolto anche di coloro i quali alla dittatura si sono opposti. Invece rinfocola la polemica, ignora le diverse componenti politiche ed etniche presenti sul territorio, offende la memoria di chi è morto nei campi di concentramento, è stato torturato alla Risiera di S. Sabba, è caduto durante la Resistenza. In questo modo, continuando ad alimentare lacerazioni e contrapposizioni, impedisce alla città di pensare serenamente ad un nuovo futuro.
Anna Di Gianantonio
Francamente non comprendo l'indignazione, lo sconcerto, la delusione. La destra al governo della città è quella che all'epoca della giunta Valenti ha sdoganato i massacratori di partigiani italiani e sloveni della X Mas al diretto servizio dei nazisti, che avevano sottratto queste terra alla giurisdizione italiana per aggregarle al Terzo Raich. Altro che difensori del confine orientale d'Italia, sgherri al servizio del''occupante tedesco. Allora come oggi ogni anno vengono ricevuti con tutti gli onori nella Sala Bianca del Comune.
Per il resto, Gorizia assieme a Trieste è una delle poche città che accolsero tra gli applausi l'arrivo delle truppe naziste. E allora con queste premesse diventa illusorio parlare di un archivio della memoria, di un museo del '900, di una memoria, se non condivisa, almeno depurata dalle forzature ideologiche. Diversamente, il rischio reale è quello di dover collaborare con sedicenti storici quali il sig. Marco Pirina, e questo al di là dello stanziamento irrisorio – o meglio, della pronessa di staziamento – per la realizazione di un Archivio della Memoria. Allora resta assolutamente preferibile una falsa ricostruzione di un improbabile medioevo goriziano, tema in cui l'assessore Devetag ha già avuto modo di dimostrare le sue alte capacità manageriali, persino in anticipo sulla sua "oculata" gestione di Mittelfest. Un buco da 290.000 euro su di un bilancio di 1.400.000. Un ottimo viatico per il museo della Gortizia Medioevale, soprattuto se si considera che era solo al primo anno di presidenza del festival cividalese.
Dario Ledri
È vero: il mondo non attende che di ammirare i figuranti e falconieri del Medioevo ricostruito per un uso spettacolare. Un qualunque sceneggiato o film ben fatto può soddisfare la curiosità di sapere come vivevano e combattevano in quell’epoca. Al valente ed oculato assessore Devetag, che in occasione del cinquantenario della rivista “Iniziativa Isontina” – 23 ottobre 2009 – annunciò di averne letti tutti i numeri, che in occasione della presentazione del volume sulla cultura tedesca nel Goriziano dichiarò di aver letto tutti i volumi della collana – 25 febbraio 2010 – e che notoriamente stravede per Michlstädter, non passa per la mente che al filosofo sarebbe venuta l’itterizia di fronte a tutta questa retorica storica non si sa quanto goriziana? Cosa ha imparato dalle sue letture? E non sappiamo ancora cosa bolle in pentola per il centenario di quest’anno, se ancora la retorica di monumenti o ricostruzioni ad uso del popolo o la persuasione di iniziative serie. Per esempio, la messa a disposizione di giovani studiosi del materiale che la nostra città custodisce, l’invitarli qui e dire “vi diamo accesso ai documenti, l'aiuto del personale locale, e voi studiate, sintetizzate, comunicate con altri colleghi in giro per il mondo, tornate qui per discuterne, vi daremo le sale e diffonderete novità e interpretazioni, che ascolteremo con attenzione”, oppure “proiettate la figura del filosofo sulla storia della sua città in questi ultimi cento anni, traetene del materiale, abbozzate i tratti di un possibile cambiamento collettivo in linea con il suo pensiero, affinché egli stesso sia conosciuto in casa e fuori”. O ancora “associate a questo lavoro una ricognizione nuova sulla Gorizia del 1910, su com’era la popolazione e la vita, su come può apparire il magma politico, sociale e nazionale del tempo a storici seri della generazione oggi quantenne non solo italiana, che possano illustrare quello che noi non vediamo o non abbiamo mai potuto vedere perché troppo vicini, coinvolti o condizionati”. Siamo pronti a metterci in gioco ed essere esposti ai risultati di chi parla di noi ma non è "di noi" o preferiamo la muffa di celebrazioni di cui magari non si ricordano più i contorni né l’oggetto?