Quale cittadino che si sforza di essere giusto e che si espone con le proprie opinioni desidero aggiungere alcune considerazioni. Stimo il professor Cavazza, e ricordo con piacere la collaborazione con lui per un volume che aveva come baricentro temporale la Guerra dei Trent’Anni. All’epoca ho apprezzato la sua posizione indipendente all’interno dei gruppi di lavoro in cui era chiamato a collaborare, ed egli ha tutta la mia solidarietà riguardo all’oggetto delle sue lamentele. Mettere al macero dei volumi che rappresentano il lavoro di studiosi spesso misconosciuti è un atto vile ed arrogante, un insulto a chi ha speso tempo ed energie ed espressione di una mentalità dalla quale fuggire urlando. Una simile condotta non faceva parte del mandato ricevuto da quell’amministrazione, e i suoi elettori potrebbero anche attendersi delle scuse.
Di fronte ad un’occasione più unica che rara per percorrere una strada diversa e ad un’opposizione spesso non limpida oltre che rancorosa, la giunta di Brancati non è stata complessivamente negativa, ma nettamente insufficiente per capacità di rinnovamento e lotta politica. Il fatto dei cataloghi distrutti è tanto più grave, poiché offre al centrodestra su un piatto d’argento un’occasione per la propria propaganda, compresa quella di indicare al mondo come ogni male derivi da un’isola di cinque anni di centrosinistra in un mare di segno diverso. Tutto già sentito, d’altra parte. L’assessore Devetag termina il suo intervento sul “Piccolo” ricordando che la sua parte politica non distrugge ed ama le idee. Quanto le ami lui si evince dal suo stile, che va molto oltre un’eventuale stizza a scoppio ritardato. Quale amore e qual altra e alta cultura si può intravedere nel fatto di ridicolizzare con un rozzo frasario la produzione libraria dell’ISSR – che è un altro modo di mandare al macero – e il gran numero di persone che hanno lavorato per quelle pubblicazioni? e che queste sono state studiate per raggiungere l’equilibrio dell’autenticità (“la memoria stessa di idee diverse”)? Non è stata questa una “lettura diversa della storia culturale goriziana”? Qual fondamentale differenza è insita nel rovesciare i termini e considerare in modo sprezzante le componenti culturali goriziane lamentando la carenza dello specifico riferimento a quella italiana, quando il fatto sottinteso che la città sia in Italia conta quanto le sue varie anime? Qual signorilità contraddistingue l’assessore nel rivolgersi in quel modo a rappresentanti del mondo accademico che potrà legittimamente contestare, se sarà il caso, ma che fino a prova contraria ne sanno più di lui su parecchie cose della sua sfera di competenza istituzionale? Ci si può azzardare a dire che l’assessore stesso e la sua giunta si autoriconoscono meriti di apertura, mentre in realtà colgono i frutti del lavoro di chi l’ha promossa autenticamente in tempi difficilissimi, di chi è stato bersagliato nel tempo da accuse di tradimento ed anti-italianità, in conseguenza delle quali ha assistito anche a richieste di tagli di contributi pubblici utili alla propria attività, in cui credeva?
Auguro di cuore al professor Cavazza di poter lavorare come e con chi desidera e che aumenti il numero di coloro che lo capiscono, anche fra le controfigure del centrosinistra. Abbiamo bisogno di lui. Purtroppo egli ha ragione anche sul fatto che da noi tutto finisce in politica, ma forse anche qui c’è qualche sfumatura in termini di retroterra, di endemicità, di percorso, di mezzi. Non so. Poiché l’importante è essere retti, mi sento particolarmente e sinceramente grato nei confronti del professore, dal momento che ogni elemento di verità in più allontana dal pericolo di essere parziali e richiama giustamente alle proprie responsabilità, e per il medesimo motivo ringrazio ogni soggetto coinvolto direttamente o indirettamente negli scambi di questi giorni.
Bernardo Bressan
Ho fatto un pasticcio invertendo frammenti di una frase. Dopo "…lavorato per quelle pubblicazioni?" è da leggersi: "Qual fondamentale differenza è insita nel rovesciare i termini e considerare in modo sprezzante le componenti culturali goriziane lamentando la carenza dello specifico riferimento a quella italiana, quando il fatto sottinteso che la città sia in Italia conta quanto le sue varie anime e che queste sono state studiate per raggiungere l’equilibrio dell’autenticità (“la memoria stessa di idee diverse”)? Non è stata questa una “lettura diversa della storia culturale goriziana”?" Segue "Qual signorilità…"
Chiedo scusa ai lettori.