Due famiglie accusano una scuola goriziana di non aver garantito ai propri figli con diverse abilità la continuità di insegnamento a causa dell’interruzione del metodo della comunicazione facilitata che aveva consentito risultati eccezionali negli anni precedenti. L’istituzione scolastica reagisce da una parte (la preside) denunciando la mancanza di dialogo dall’altra (il responsabile provinciale) trincerandosi dietro un muro di silenzio; viene invocata la tutela della libertà di insegnamento e la necessità che non ci siano troppo pesanti interferenze sui formatori. Questioncina spinosa, anche perché sono coinvolte persone che si conoscono molto bene e perché caratterizzata da trasversalità politiche inedite.
La vicenda nasce dalla presentazione di un ottimo convegno nazionale sul diritto all’insegnamento che si svolgerà a Gorizia domani a partire dalle 15 presso l’auditorium delle scuole slovene di via Puccini: ci saranno relatori di fama nazionale, sostenitori di tesi opposte che si confronteranno con serenità e passione; guideranno i lavori, resi possibili dal concreto interessamento del consigliere regionale Valenti, personaggi molto noti come l’ex preside Fabio Sesti e l’avvocato Nereo Battello; gli organizzatori sono l’associazione Diritto di Parola e il centro studi sen. Rizzatti; la sede della conferenza di presentazione è stata la Comunità Arcobaleno. Insomma, chi più ne ha più ne metta: fatto sta che tutti, in primis i dirigenti dell’istituzione scolastica, sono stati invitati a preparare insieme e ovviamente a partecipare al convegno. Per ora la loro risposta è stata un “niet”.
In questo ordine di problemi uno più uno non fa mai due e il coinvolgimento emotivo dei protagonisti concorre ad accendere le discussioni: ci sono senz’altro opinioni da vendere da una parte e dall’altra… Quello che non risulta comprensibile è la mancata partecipazione a un incontro che si preannuncia di grande interesse, il perché di un rifiuto al dialogo tanto più riprovevole quanto più riguardante un ambiente come la scuola. La speranza è che il prof. Biasiol e la prof.ssa Beltrame, proprio consapevoli delle loro responsabilità istituzionali a livello provinciale e regionale, ci ripensino e vengano a spiegare le loro ragioni.
Dal pubblico dialogo nascono la pace e la concordia, dalla chiusura nelle rocche degli “addetti ai lavori” possono essere generate solo inutili chiacchiericci e mormorii.
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