èStoria. Che dire? E’ stata un’ottima edizione con relatori all’altezza della situazione e un pubblico non soltanto numeroso, ma anche preparato, esigente e competente. Grazie agli organizzatori, specialmente agli Ossola che hanno messo in piedi un grande evento e che hanno consentito ai goriziani di riscuotersi dal torpore della grigia quotidianità e di dimostrare di esserci ancora. Si è parlato di tutto e di più, ma non ci sono mai stati scadimenti nel banale, ormai il festival della storia è una realtà e l’augurio è che possa continuare, magari con garanzie finanziarie più adeguate e soprattutto tempestive.
E che continui ai Giardini pubblici, luogo ideale per questo genere di manifestazioni, senza spostarsi altrove, meno che meno in Piazza Vittoria, come proposto – ci si augura a mo’ di boutade – dall’esimio primo cittadino (al quale evidentemente un pezzettino di Corso Verdi momentaneamente pedonalizzato resta sullo stomaco…).
l'evento si conferma importante, per Gorizia ma non solo. Tuttavia il format, a sei anni di distanza, mostra un po' la corda. La "location" è senz'altro indovinata e trasporre l'iniziativa in piazza Vittoria (pardon, Sconfitta)perchè il sindaco possa celebrare la "sua" piazza mi pare, per dirla con Fantozzi, "una boiata pazzasca". Però, a mio avviso, qualcosa da cambiare o da innovare c'è: penso ad incontri serali in altri luoghi della città oppure all'inclusione di un evento musicale o di un incontro enogastronimico a tema (su prenotazione e pagamento). Insomma qualcosa che completi la rassegna. Ma certo è che tutto dipende da finanziamenti pubblici e privati.
Non guasterebbe poi una più oculata scelta dei relatori: Volcic ha stancato tutti, a parte i grossolani errori storici e le clamorose gaffes nei confronti del figlio di Milovan Djilas. Per non parlare di Mieli, un tuttologo che si spaccia per storico che parla del patto tedesco-sovietico del '39 come una alleanza anzichè di un patto di non aggressione sottoscritto dopo che Francia e Inghilterra, per non parlare della Polonia, avevano fatto decadere ogni reale impegno a sottoscrivere una alleanza organica con la Russia sovietica per fermare Hitler.
Insomma, a mio modo di vedere qualcosa va aggiornato, tenuto nel necessario conto l'imprescondibile vincolo delle disponibilità economiche.
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L'iniziativa dei fratelli Ossola per me è la cosa migliore che esprime la città. I dibattiti nella maggior parte dei casi sono interessanti, alcuni relatori sono di grandissima qualità. Il folto pubblico dimostra che c'è interesse per la storia e la cultura, invece non ce n'è più per le favole dei castelli che ci racconta Devetag col suo poco redditizio maniero. Imparasse dagli ossola come si riempiono gli spazi, altro che falconi!
Anche quest’anno il festival della Storia si è concluso con un buon successo, e di questo siamo contenti. Negli ultimi anni, e in modo sempre più marcato, il Comune ha esaltato la manifestazione con dichiarazioni forti, sottolineando come essa sia il massimo evento culturale della città, come non si risparmi sforzo affinché essa possa anche contribuire a rilanciare il turismo; e così avanti, fino a domenica scorsa, allorché si è presentato il programma per il centenario di Michlstädter e l'assessore alla cultura ha ancora una volta spiegato a noi stessi quanto siamo grandi, con modalità di "narrazione della realtà" che percepiamo nel contrappunto della politica nazionale, in un continuo e velleitario rilancio. E di lì a poco Pressburger e Gnoli avrebbero parlato di retorica opposta alla persuasione.
Qualcosa però non quadra, almeno per chi osi fare uno più uno. Nel 2008 più di una voce fra i governanti – in particolare l'assessore Devetag – espresse la volontà di impostare la manifestazione affinché inseguisse il salone del libro di Torino, senza nascondere l'iperbolica speranza di superare in prestigio la rassegna piemontese, che, come noto, è per l'Italia quello che la "Buchmesse" di Francoforte è per la Germania e l'Europa. Si fece l'ipotesi di trovar spazio negli accoglienti ambienti del quartiere fieristico. Eroico, come "Eroi" fu il tema di quell'anno. Nel 2009, sull'onda dei dibattiti scaturiti in occasione di alcuni incontri più specifici sulle "Patrie", lo stesso assessore Devetag si espresse ipotizzando di creare nella nostra città un "osservatorio internazionale" che avrebbe dovuto esaltare, in forza delle nostre particolarità storico-geografiche, il "know-how" di Gorizia, onde aprire alla città nuovi orizzonti e nutrire il continente, come se istituti di questo tipo non vi operassero già da decenni, proficuamente e fra varie difficoltà, non ultime quelle derivate da un tortuoso rapporto con il Comune e i politici e da un più generale scarso sostegno cittadino, anche nel riconoscimento dei risultati. E infatti mi risulta che in seno a queste istituzioni le esternazioni dell'assessore resero paonazzo qualche addetto ai lavori.
Quest'anno il sindaco stesso ha proposto che "èStoria" si trasferisca in piazza della Vittoria, anche per evitare di chiudere al traffico il corso Verdi. A parte il fatto che le vie e le scenografie cittadine appartengono prima alle persone che alle automobili e che è difficile ritenere un problema una manifestazione di tre giorni, punti di forza del festival e parte del suo fascino sono il giardino e le quinte architettoniche che lo circondano; poter assistere agli incontri nel verde, senza il traffico e i gas che imbruttirebbero tutto, bensì con l'odore della primavera, il vocìo di bambini in lontananza e un cane che abbaia. Suoni della città.
Tutto questo mi sembra "fuoco amico", una serie di gomitate nei fianchi della creatura dei fratelli Ossola ed anche della città, proprio mentre si afferma quanto si ami entrambe. Un comportamento che sarebbe sorprendente se non ci avessero già abituato agli ossimori politico-culturali. Continuo a pensare che il miglior servizio che si possa rendere a "èStoria" sia assecondare la linea degli ideatori per permettere alla manifestazione di crescere in modo naturale, facendo luce su di essa per stimolare un turismo di qualità, non usandola per scopi commerciali e d'immagine i cui benefici sarebbero un fuoco di paglia. Effimero e distruttivo.