L’assessorato alla propaganda del Comune di Gorizia offre oggi ai media locali il programma del luglio goriziano: una serie di eventi che dimostrerebbero – secondo il vicesindaco Gentile – “la politica del fare invece che quella del dire”, oppure, secondo l’assessore competente, la nuova stagione di vivacità della cultura locale.
Se si ha il tempo di oltrepassare i grandi titoli ci si accorge che si tratta di mera pubblicità pseudopolitica.
Le mostre sono aperte da molti mesi e per il momento non hanno certo attirato frotte di visitatori dall’Italia e dall’estero; il concorso Seghizzi e gli eventi collegati a Mittelmoda non sono certo un’invenzione dell’epoca romoliana, il tanto preannunciato appuntamento goriziano del Mittelfest ancora non è stato rivelato (ma data la necessità di rimanere questa volta nelle previsioni le ristrettezze economiche non inducono a pensare ad avvenimenti mastodontici) e francamente inserire la tradizionale e pluridecennale sagra di sant’Anna tra le “meraviglie” del nuovo corso goriziano sembra davvero ridicolo.
Beh, forse stavolta Devetag ha un po’ esagerato, chi da tanti anni si prodiga per donare all’estate goriziana qualche refrigerio culturale o ricreativo non accetterà facilmente il “cappello” imposto dalla Giunta attuale. Che forse con le “sparate” di ieri ha soltanto voluto coprire la scadenza del 30 giugno, data nella quale “giuro che sarà definitivamente completata Piazza Vittoria”. Romoli sic dixit, e i cittadini masticano amaro.
Devetag ha dimenticato come avvenimenti culturali di rilievo il gelato passeggiando per il corso, le paste creme alla domenica, pasquetta per i campi e la pizza quando si è promossi.
Sono completamente d’accordo, e non è la prima volta che accade, perché il signor assessore fece lo stesso dal 1994 al 2002, con le varie “Gorizia armonica”, “Dicembre goriziano” e simili. Raccolta sotto un unico cappello di quello che già c’è, e questo sarebbe politica del fare (propaganda). Come cittadino che si sforza di essere attento e di pretendere da chi ci governa una spinta all’imparare, idee chiare in senso anticonformista e “didattico”, il coinvolgimento di persone qualificate per inventare qualcosa di nuovo che elevi il livello culturale e non dia al pubblico solo quello che è popolare e spettacolare mi sento trattato come un bambino, in modo offensivo.
E le stagioni del Teatro Verdi sono, in generale, il primo indicatore di questa non volontà, e probabilmente non capacità, di far pensare i cittadini. Ad essi sono destinati quasi solo "spettacoli".