Qualche giorno fa il presidente della conferenza episcopale italiana parlava delle opportunità e dei pericoli del federalismo. In effetti la Chiesa cattolica dell’argomento è esperta, coesistono in essa espressioni cultuali e culturali molto diversificate, perfino differenti codici di diritto canonico… Il Concilio Vaticano II ha approvato la molteploicità delle lingue nella liturgia, pur riconoscendo ancora al latino il ruolo di lingua ufficiale. La realtà non coincide del tutto con le apparenze. La distinzione liturgica e giuridica ha infatti sempre radici storiche profonde e documentabili, la specificità dei riti nel cattolicesimo “romano” attuale non va invece molto oltre al peraltro importante utilizzo delle lingue locali: per il resto la struttura della celebrazione in Friuli Venezia Giulia è identica a quella del Burkina Faso, del Paraguay o del Portogallo. Ciò che consente alla Chiesa cattolica di essere “forte” in ambiti continentali molto lontani l’uno dall’altro è proprio la forza del suo “centralismo”: il vescovo di Roma ha un potere assoluto sull’intera compagine ecclesiale (e secondo una visione ecclesiologica mai smentita anche sul resto del mondo), non “primus inter pares” bensì sovrano assoluto e in alcune circostanze “infallibile” in virtù del suo essere “vicario di Cristo e successore di Pietro”. Le Chiese ortodosse “autocefale” privilegiano invece la differenziazione, ma proprio per questo non si trovano rappresentate da un unico centro di potere, con evidente indebolimento della loro incidenza politico culturale e maggior tendenza al ripiegamento sulla sfera del sacro.
Insomma, la riflessione del cardinale Bagnasco sul federalismo apre un interessante capitolo di approfondimento: la storia quasi bimillenaria dell’istituzione ecclesiale dimostra di fatto che l’unità di una compagine sociale non è compatibile con una visione federale, a meno che questa non sia ridotta ad alcuni riconoscimenti di specificità tradizionali o addirittura folkloristiche.
Forse in effetti il Governo attuale (ma anche i futuri) dovrebbe tener conto di tale intrinseca storica contraddizione e pensare che tenere insieme attorno allo stesso tavolo chi propugna la centralità dello Stato e chi propone la sua disgregazione può portare a gravi e pericolose ripercussioni…
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