Nove evasi dal Centro di identificazione e espulsione di Gradisca d’Isonzo, “il più grande d’Italia” come nota l’agenzia dell’Ansa che fa riferimento al secondo episodio del genere nella sola ultima settimana.
Ai tempi della costruzione del Centro di permanenza temporanea (Governo centro sinistra!!!) l’allora ministro dell’Interno parlava di una “specie di albergo”; dopo l’apertura (Governo centro destra) veniva definito “una triste necessità” e veniva chiamato “cpta” (dove la “a” stava per accoglienza).
Ora, cancellata la protesta della società civile e dei movimenti a quei tempi chiamati “no global”, è calato il silenzio, non raggiungono quasi mai gli onori della stampa i mille episodi di autolesionismo, le proteste attraverso scioperi della fame prolungati e resi vani dalla coltre fumogena della non-informazione, neppure la sofferenza degli operatori spesso impotenti di fronte a una realtà sempre più drammatica.
Anche il linguaggio ormai si è adeguato: non si parla più di permanenza, meno che meno di accoglienza, bensì di “centro di identificazione e espulsione” (cie); le “sortite non autorizzate” sono tranquillamente definite “evasioni” quando chi una volta pronunciava la parola “carcere” rischiava una denuncia per diffamazione delle istituzioni; gli immigrati non sono più chiamati “ospiti” bensì “detenuti”. E tutto sembra così ovvio, così normale, addirittura giusto…
Veramente oggi l'assessore regionale chiede di farli diventare carceri tout court. Bando alle ipocrisie. Erano luoghi di detenzione per gente che spesso non aveva fatto nulla se non l'errore di venire da noi e adesso assumono l'esatto nome di galere.Hanno iniziato con i rom, adesso proseguono con gli immigrati extracomunitari e poi a chi toccherà?