Con una lettera rivolta ai cittadini del Friuli Venezia Giulia i quattro vescovi della Regione si attendono dalle autorità regionali, provinciali e comunali “una generosa risposta” (?) alla visita di papa Benedetto XVI ad Aquileia e Venezia.
Motivano il loro appello con un lungo e un po’ involuto periodo che vale la pena di citare testualmente: (Vorremmo che la visita costituisse la felice occasione per confermare) il nostro serio impegno di annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo di salvezza agli uomini e alle donne che vivono immersi in un clima culturale e sociale che rende incerto e faticoso il loro cammino per un progressivo venir meno della fede e della speranza cristiane, lasciandoli pericolosamente privi di quei punti di riferimento che hanno permesso alle generazioni passate di scrivere pagine gloriose di impegno e dedizione missionari e di promozione civile.
Il testo lascia aperti vari interrogativi: ad esempio, ciò che “rende incerto e faticoso il cammino” è davvero il “progressivo venire meno della fede e speranza cristiane”? I “punti di riferimento” hanno permesso alle generazioni passate soltanto di “scrivere pagine gloriose di impegno e dedizione missionari e di promozione civile”? Non ci sono anche molte parole e soprattutto silenzi che hanno contribuito a consentire (se non addirittura a fomentare) guerre, sanguinari regimi totalitari e venefici nazionalismi?
Secondo molti cittadini il cattolicesimo regionale – invece di chiedere “risposte generose” alle autorità civili – dovrebbe cogliere l’occasione della visita del suo “capo” per interrogarsi in modo autocritico e costruttivo sui motivi dell’evidente disaffezione (in particolare delle nuove generazioni) alle istituzioni ecclesiastiche e non al fatto religioso o al cristianesimo come tali.
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