Sabato scorso il quotidiano di Trieste aveva pubblicato un’intervista al vescovo Crepaldi (per chi è abbonato via internet basta digitare su “archivio” il cognome ed è facile recuperare il testo). In replica si riceve e volentieri si pubblica il seguente invito a riflettere, in tempi di omofobia e intolleranza…
Il Circolo Arcobaleno Arcigay Arcilesbica di Trieste reagisce con fermezza alle gravi affermazioni espresse dell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, apparse quest’oggi sul quotidiano locale “Il Piccolo” di Trieste. Considerare “mortificante” la famiglia formata da due persone omosessuali e vedere in essa un pericolo per l’istituzione famigliare ed in generale per la convivenza civile di un Paese rappresentano delle posizioni che favoriscono un odioso atteggiamento di discriminazione e di pregiudizio nei confronti di una parte della cittadinanza. E di questo in Italia, e a Trieste, oggi non c’è proprio bisogno.
Siamo indignati prima di tutto come cittadini di uno Stato democratico fondato sulla Carta Costituzionale che all’articolo tre sancisce la pari dignità sociale di uomini e donne senza alcuna forma di discriminazione; in secondo luogo rifiutiamo lo stigma sociale che attraverso queste parole viene lanciato, purtroppo da una figura istituzionale, contro gli/le omosessuali di Trieste e dell’Italia tutta, stigma sociale che non fa altro che alimentare il clima omofobico sempre più diffuso nel nostro paese.
Secondo l’arcivescovo, che rivendica l’uso di argomenti di ragione e che non si rivolge semplicemente ai suoi fedeli ma ai “laici” in generale, la famiglia costituita da due uomini o da due donne svuota di significato tale istituzione; noi più modestamente ma con orgoglio ci appelliamo all’esperienza, alla quotidianità del nostro vivere: le famiglie composte da omosessuali esistono, conducono la loro vita, contribuiscono con il loro impegno al bene comune, consolidano il vivere civile nel rispetto di tutti e tutte.
Visto che l’arcivescovo si appella al rispetto della vita, ci permettiamo di ricordagli che è vita anche quella di gay, lesbiche e transessuali; è vita anche quella di due persone omosessuali che vogliono formare una famiglia o l’hanno già formata e, nonostante il mancato riconoscimento legislativo, con fatica ma allo stesso tempo con tenacia e fiducia continuano a portare avanti il proprio progetto.
Ci spiace infine apprendere dalle parole dell’arcivescovo che esistono “principi non negoziabili”, come la “famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna”: senza entrare nel merito del grande dibattito giuridico che ormai da anni si è aperto sull’articolo 29 della nostra Costituzione, vogliamo qui riportare il monito di uno dei massimi costituzionalisti del nostro Paese, Gustavo Zagrebelsky :”Non si può volere la democrazia e al contempo irretirla in dogmi. Impegniamoci, però, in ogni luogo della società, per scuotere l’apatia, promuovere ideali, programmi e, perché no, utopie collettive. Tutto ciò non è affatto un pericolo, al contrario, è la linfa, la condizione necessaria della vita democratica”.
Davide Zotti, presidente del Circolo
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