Un decreto legge approvato lo scorso mese offrirà ai detenuti nelle carceri italiane una specie di sconto, “liberandoli” un anno prima della scadenza della pena. Bene! A prima vista sì, si va incontro a chi ha la triste prerogativa di essere ospitato dalle sovraffollate e spesso fatiscenti prigioni italiane; e si consente un (breve) sospiro di sollievo ai responsabili degli istituti di pena ormai non più in grado di sostenere numeri astronomici (buona parte dei quali dovuti a leggi da riformare quanto prima, come la Bossi Fini sull’immigrazione irregolare e la Fini Giovanardi sulle tossicodipendenze).
Bene sì, ma c’è un “ma”. Coloro che hanno casa e famiglia usciranno e potranno effettivamente ritrovarsi tra mura domestiche. E tutti gli altri, stranieri e italiani? Tutti gli altri sono oggetto di grande preoccupazione per l’assistenza sociale carceraria, chiamata a uno sforzo immane per “sistemare” migliaia di persone improvvisamente gettate da un momento all’altro sulla strada. Non ci sono che poche comunità di accoglienza e queste sono destinatarie di finanziamenti irrisori non compatibili con simili emergenze, non ci sono strutture pubbliche in grado di rispondere a tali problematiche, per una marea di persone l’unica abitazione possibile sarà il soffitto di qualche ponte o gli alberi di qualche parco.
E’ facile immaginare i nuovi scenari metropolitani che si apriranno anche in piccole realtà come la nostra. Questo avviene quando si cerca di risolvere un singolo problema senza tenere conto dell’insieme.
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