La seguente riflessione è dell’incaricato del blog e non rappresenta una posizione dibattuta all’interno del Forum per Gorizia: è proposta come provocazione al dialogo e invito alla ricerca di nuovi innovativi percorsi politici e organizzativi da realizzarsi nell’ambito del titolo V della Costituzione.
E’ vicino il tempo delle elezioni per la Provincia di Gorizia. Si riapre puntualmete il dibattito sul possibile allargamento ai territorio ex austro-ungarici ma si parla poco del ruolo che ha l’ente nel contesto attuale. Con molto rispetto nei confronti del presidente Gherghetta, degli assessori della sua Giunta e dell’attuale consiglio provinciale sembra necessario affrontare con decisione la questione relativa alla reale utilità delle Province; e contestualmente individuare nuove innovative risposte in grado di anticipare i tempi e favorire nuove soluzioni. Una per esempio, provocatoria quanto si vuole ma non poco ragionevole: quella di sostituire la Provincia con il “Comune del Goriziano” (o “dell’Isontino” o “del Friuli-Venezia Giulia orientale”…), coincidente grosso modo con il territorio dell’attuale Arcidiocesi. Si eliminerebbero così insieme all’ente Provincia qualche decina di enti locali, si favorirebbe una politica maggiormente coesa ed efficace, si avrebbe maggiore incisività nell’ambito delle scelte regionali, si darebbe più prestigio alla figura del sindaco, si articolerebbe un’organizzazione concordata e più efficiente dei servizi; si garantiebbe infine l’attenzione al “local” infondendo linfa vitale alle frazioni attraverso il decentramento di alcuni poteri affidati ai “consigli di frazione”, organismi “leggeri” che svolgerebbero il proprio ruolo di richiamo alle specifiche problematiche delle diverse zone sotto la denominazione riconosciuta degli attuali consigli di circoscrizione. Alla fine ne risulterebbe un Comune dalle proporzioni numeriche proporzionate a quelle di Udine e Trieste, di media dimensione a livello nazionale. E’ evidente il vantaggio in termini economici, amministrativi, di semplificazione burocratica, di incisività politica, di dialogo culturale e confronto democratico.
Altra idea potrebbe essere quella della città internazionale in grado di coinvolgere tutti i Comuni delle aree confinarie italiane e slovene superando le secche del Gect attraverso l’ideazione di un adeguato strumento di effettiva collaborazione come già sperimentato in ambiti consimili a livello europeo; ma di questo a una prossima puntata…
In sintesi, perché non realizzare per virtù ciò che ben presto occorrerà attuare per forza?
Andrea Bellavite
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