Ci si augura che i 150mila euro stanziati dal Comune per celebrare la ricorrenza dei 150 anni dall’Unità d’Italia non siano impiegati soltanto per le quattro peraltro interessanti conferenze di altrettanti illustri storici italiani previste per le prossime settimane. Il suggerimento è quello di pensare anche ad una riflessione più ampia che possa trasformare l’evento in un momento di riflessione collettiva in grado di favorire una sguardo rivolto al futuro. Da questo punto di vista si possono individuare – tra tante altre – almeno tre proposte:
1. Cosa vuole dire celebrare i 150 anni dall’Unità d’Italia in un territorio che è entrato a far parte del Regno d’Italia soltanto dopo la prima guerra mondiale? Ciò significa un soprassalto di interesse per quel Novecento goriziano che sembra essere piuttosto lontano dalle priorità dell’attuale Giunta comunale: intorno a tale asse portante potrebbero essere analizzate in loco le relazioni internazionali, le vicende riguardanti i rapporti tra numeriche maggioranze e minoranze, gli intrecci con le altre regioni e con il resto d’Italia.
2. Ciò comporta una valorizzazione dei numerosi centri di studio e singoli soggetti che hanno approfondito e continuano a studiare le vicende del “confine orientale”. E’ bene chiamare personalità molto note al pubblico, ma anche tenere in debito conto chi da sempre impegna il proprio tempo e le proprie energie per far conoscere il complesso passato di una zona che ancora non ha fatto tutti i conti con i momenti più delicati da essa attraversati.
3. Con l’aiuto delle numerose associazioni di categoria sarebbe anche interessante organizzare un evento festoso, in particolare un momento culturale in grado di portare a Gorizia la bellezza e la forza delle tradizioni musicali delle diverse regioni. Tutto ciò nell’ottica di un atteggiamento rinnovato nei confronti delle diversità: l'”altro” non è un intruso da assimilare, tollerare o integrare; è l’opportunità di realizzare una comunicazione che consenta a ciascuno di offrire il proprio patrimonio identitario per costruire insieme una nuova realtà.
In altre parole, nella reciprocità del dono all’interno dell’Italia unita (da 150 anni o meno), non ci sarebbero minoranze o maggioranze, autoctoni o stranieri, residenti da più o meno anni, ma tutti dovrebbero sentirsi a pieno titolo “italiani” continuando ad essere sloveni, friulani, tedeschi, inglesi, cinesi, marocchini, rumeni e così via.
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