Comunicato stampa ASGI sui recenti sbarchi di immigrati provenienti dal Nord Africa:
Le respondabilità italiane e i rischi di nuove violazioni dello stato di diritto.
Le migliaia di migranti arrivati in questi giorni a Lampedusa costituiscono l’evidenza del fallimento delle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera con le quali l’Italia si è proposta all’Europa come mediatrice, anche con i peggiori dittatori africani, per bloccare i migranti, e tra questi anche molti potenziali richiedenti asilo, prima che potessero raggiungere le nostre coste. Non appena sono caduti i fidati alleati che contribuivano ad arrestare ed a internare i migranti nei paesi del Maghreb, le partenze sono riprese, e non è stato più possibile nasconderle come si era tentato di fare nei mesi scorsi, quando si avvertivano già le prime avvisaglie dell’attenuazione dei controlli di frontiera.
Dopo i primi tentativi di negare l’evidenza (gli sbarchi, che non si sono mai del tutto fermati, erano ripresi in modo significativo già nel mese di gennaio), il Ministro Maroni, sempre prodigo nell’alimentare la “fabbrica della paura” quale unica risposta ai clamorosi fallimenti della sua linea politica, ha prontamente evocato l’emergenza terrorismo senza tuttavia disporre di alcun elemento concreto.
L’ASGI ricorda che Italia, che reclama oggi l’intervento dell’Europa per una generica “ripartizione degli oneri” è stata alla guida dei paesi europei che hanno spinto maggiormente per politiche di sbarramento nei confronti dei migranti e per la riduzione sostanziale delle possibilità di ingresso per i richiedenti asilo. Nulla è stato fatto dal governo italiano, come dal resto dell’Unione Europea, per aprire canali di ingresso legale, favorire la mobilità delle persone ed aiutare la transizione verso la democrazia nei paesi maghrebini.
Di fronte all’attuale scenario di crisi il Ministro chiede “ il dispiego immediato di una missione Frontex per le attivita’di pattugliamento e intercettazione nell’area al largo delle coste della Tunisia per il controllo dei flussi”. Eppure, proprio dopo lo scandalo dei respingimenti collettivi effettuati nel 2009 dall’Italia verso la Libia, sono state stabilite nuove regole di ingaggio per i pattugliamenti di Frontex che, anche in acque internazionali, devono garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, regole che escludono i respingimenti collettivi in mare soprattutto nel caso di potenziali richiedenti asilo, o soggetti vulnerabili come donne e bambini.
Il medesimo Ministro ha altresì proposto l’invio di militari italiani in Tunisia per impedire le partenze dei migranti dalle spiagge di quel paese. Si tratta di una proposta politicamente impraticabile: il Governo Berlusconi ha appoggiato fino all’ultimo la dittatura di Ben Alì ed il suo sistema di potere e di corruzione, che non è stato ancora smantellato e dal quale probabilmente fuggono coloro che per anni ne sono stati vittima. Con quali interlocutori si pensa oggi di stabilire nuove relazioni internazionali e sulla base di quali garanzie che non vengano violati i diritti umani di chi cerca con ogni mezzo di lasciare il paese?
La proposta è soprattutto irricevibile sul piano dello stato di diritto perché totalmente in contrasto con le norme internazionali in materia di tutela dei diritti fondamentali dell’Uomo, con le convenzioni internazionali del mare e con le norme internazionali ed europee sul diritto d’asilo.
La politica della chiusura non produce legalità e il proibizionismo delle migrazioni arricchisce le organizzazioni criminali che lucrano sulla pelle dei migranti. Se l’Italia proseguirà con la sua ottusa politica di sostegno a tutte le dittature (si pensi anche al caso, unico nel panorama internazionale, del sostegno dato dall’Italia al regime bielorusso) che nel mondo si pongono fuori dalla legalità democratica e si impegnano a sbarrare la strada ai migranti in fuga come ha fatto con Gheddafi e con Moubarak, e se di fronte a questo scenario l’Europa rimarrà silente o collaborante, con l’uso della forza si potrà conseguire un effimero successo immediato, come si è verificato con il blocco degli arrivi dalla Libia, pagando però il prezzo di sistematiche violazioni dei diritti umani, e producendo nel medio periodo crisi sociali sempre più ampie ed esodi di dimensioni ben maggiori di quelli odierni.
La criminalizzazione degli immigrati, imposta dalle nostre leggi e da prassi amministrative orientate sempre in senso restrittivo, al limite di negare la dignità delle persone, malgrado gli interventi della giurisprudenza, producono da tempo effetti devastanti sull’intero tessuto sociale. Di questo dovremmo avere tutti veramente paura.
L’ASGI chiede che gli arrivi dalla Tunisia siano gestiti nel rispetto delle garanzie minime in materia di diritti fondamentali dei migranti, che siano allestite strutture di accoglienza degne di questo nome, e che, in primo luogo venga rispettato il diritto costituzionale all’asilo, permettendo l’accesso alla procedura a chi lo richieda, e che venga assolutamente evitato di rinchiudere i richiedenti asilo nei CIE, oggi autentiche polveriere pronte ad esplodere.
Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione
Democrazia e Mediterraneo.
I giovani con fiori dei Mandorli in faccia.
di Giuseppe Goffredo
Quei ragazzi davanti ai carri armati al Cairo, a Tunisi. Quei ragazzi sulle piazze del Mediterraneo forse, credo, oggi sono l’unica voce di fronte alle balbuzie di un linguaggio della politica, che vive nel rumore. Un fragore che non sa uscire da se stesso. Prigioniero di un nastro di registrazione ascoltato alla rovescia. Che non sa più parlare, in Egitto, come in Italia, come in Francia, a Occidente come ad Oriente, sotto il velo di una crisi, in cui il linguaggio di chi ha il potere è afono; resta sotto la soglia di un rumore sgradevole, sdegnoso, assordante. Qualcosa ormai di inascoltabile, che nessuno più dai canali televisivi, ai giornali, riesce a sopportare, perché lontano, insignificante, privo di umanità. Un linguaggio fatto, scilinguato ad effetto. Che ottunde. Proviene da sarcofagi di comunicazioni remote, ormai datati, irricevibili da un mondo di giovani, di ragazzi, di nuove generazioni che non sono più disposti ascoltare. Che lo rifiutano.
Minestra vomitata e rimangiata, in maniera angosciante. Che ha dentro di sé tutto il carico e la stratificazione dei vari piani di potere, di interessi, di meccanismi che dominano e imprigionano il mondo. Una incapacità quasi della nostra epoca di uscire fuori da se stessa. Di dire la verità. Parlarsi. Rappresentarsi. Uscire dalla crisi in cui si è cacciata, che tutti si sono affrettati nel decennio passato, a chiamare scontro di civiltà. Un mondo dove, come dire, tutte le uscite sono bloccate. Dove nessuno può muoversi. Dove tutti devono pensare sia inutile muoversi. Dove nessuno è in grado di dire. E ogni volta che dice è reso afono.
Di fronte a tutto questo, all’improvviso, come un miracolo, come la luce dei mandorli in un giorno di primavera, i ragazzi del Mediterraneo in Egitto, in Tunisia, in Algeria, in Albania, scendono in piazza, trovano una voce, lanciano un grido, sormontano il valico dell’afonia sotto cui sono, siamo seppelliti, e gridano il proprio no! all’afonia. Ma anche il proprio sì alla speranza, per riprendere il bandolo dalla matassa. Sicché la piazza ritrova la sua voce nell’unità e anche nella non violenza. Due milioni di persone, giovani, vecchi, bambini, famiglie, si sono riunite nella piazza principale del Cairo, per ritrovare la propria voce, far uscire il potere dalle sue contraddizioni.
Infine smentire tutte le sciocchezze ideologiche che vuole i musulmani incapaci di chiedere e costruire la democrazia. Sì. Adesso ci siamo. Tutti i paesi musulmani sulle rive mediterranee sono in movimento. Sono in movimento con l’ottanta per cento della loro popolazione fatta di giovani, giovani in cerca del loro futuro. E allora, vedremo se l’Italia, l’Europa, sapranno davvero prestare ascolto, oggi, subito, alla loro voce, non violenta, pacifica, lucida, che chiede democrazia, per sconfiggere i falsi profeti da una parte e dall’altra, a Occidente e a Oriente, cui conviene, dimostrare che questi Paesi mai saranno capaci di libertà, democrazia e per sempre chiusi nell’integralismo e nel terrorismo.