Sempre più delicata la situazione in Libia, come racconta la seguente “Misna”: è l’agenzia giornalistica missionaria che consente di conoscere in tempo reale molte notizie sul Sud del mondo che non compaiono spesso sui quotidiani nazionali. Certo che chi porta nel nome del partito di cui è capo il termine “libertà” deve essere piuttosto imbarazzato dopo aver incensato Gheddafi; e deve essere in grave difficoltà nel gestire la nuova emergenza immigrazione sotto lo sguardo vigile degli osservatori europei e mondiali! (ab)
“La situazione in Libia è fuori controllo. Bengasi è nelle mani dei manifestanti come altri piccoli centro nell’est del paese, e a Tripoli questa notte c’è stata una guerra per le strade. Il regime è al collasso”: commenta così i recenti sviluppi nel paese Hassan al Djhami, attivista libico in esilio volontario in Svizzera. “La protesta non è più confinata all’est del paese, come nei primi giorni. Ormai ha raggiunto la capitale, diventando irreversibile” osserva l’attivista raggiunto dalla MISNA, sottolineando che “la decisione di Gheddafi, di disporre dell’intervento di mercenari africani “dimostra che non ha più l’esercito dalla sua parte e che sarebbe disposto a tutto per mantenere il potere”.
Dopo un fine settimana segnato dagli scontri e da una violenta repressione della manifestazioni da parte dei comitati rivoluzionari nelle città di al Baida, Derna, Tobruk and Masrata, non circolano bilanci ufficiali sul numero di vittime nel paese, ma le organizzazioni internazionali parlano di oltre 300 morti e di quasi un migliaio di feriti. E mentre nel paese e all’estero si rincorrono voci di una possibile fuga del leader libico in Sudamerica o in qualche paese africano, il figlio Seif al Islam (La spada dell’Islam, ndr) ha paventato lo spettro di una “guerra civile”.
In un discorso trasmesso questa mattina presto dalla tv di stato libica e riproposto dall’emittente araba Al Jazira, Seif al Islam ha parlato di “un complotto straniero per sovvertire l’attuale governo e instaurare una repubblica islamica, assicurando che il padre è in Libia, che “non è un leader come Ben Ali o Mubarak”, e ammettendo che le forze di sicurezza hanno commesso “errori” nel loro intervento contro la folla di manifestanti, perché, ha detto, non sono state addestrate a questo genere di operazioni. “Credo che il discorso del figlio del leader sia stato registrato e poi trasmesso. Non fa riferimento all’ovest del paese ma solo all’est. Potrebbe dunque risalire a sabato pomeriggio o al massimo a ieri mattina” osserva al Djhami, che nei giorni scorsi aveva preannunciato “un massacro” nel paese
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