Ecco la seconda puntata del racconto “Non è un paese per caprioli”. La prima è stata pubblicata su questo blog il 12 febbraio. Pier Ettore si era alzato felice dopo una notte piena di sogni e un anziano signore aveva appena suonato alla porta della sua casa…
Era uno dei primi giorni di febbraio, la giornata era calda, il cielo terso, sembrava quasi primavera e Pier Ettore aveva insistito così tanto che lo lasciò uscire, raccomandandogli però di non entrare nel recinto del cantiere di lavoro. Erano due settimane che i lavori sulla collina dietro casa erano fermi e non sembrava ci fossero pericoli, però era meglio essere prudenti.
La collina del castello era lì: devastata, gli alberi sradicati e portati via, la terra scavata, rimossa, caricata e allontanata con i camion. Non era rimasto un filo di verde.
Seguiva con lo sguardo Pier Ettore che sgambettava fuori dal recinto del cantiere, mentre preparava la lezione che doveva tenere il giorno dopo. Era professoressa di storia e sapeva che più di 90 anni fa su quel colle erano state scaricate grandi quantità di bombe. Se ora avevano fatto tutti quei lavori era certa che l’area era stata preventivamente bonificata. Ritornò a lavorare alla lezione del giorno dopo. Avrebbe raccontato gli anni del dopoguerra: il miracolo economico italiano, l’Olivetti, il sincrotrone e la plastica, il Cnen e l’Eni di Mattei. Ma un paio di cose le voleva dire anche sul cinema: i film di Fellini, di Monicelli e di Risi. Voleva portare a far ragionare i suoi studenti sul perché la società attuale era caduta così in basso, nell’economia, nella ricerca e nella scienza e si, anche nel cinema. Ah, i cine-panettoni di oggi.
Guardò ancora fuori per sorvegliare Pier Ettore. Il bambino fissava la collina devastata, aggrappato alla recinzione del cantiere, la terra marrone era illuminata dal sole del pomeriggio. Ruspe e camion fermi. Nessun operaio. Con tristezza era stata costretta a spiegare a Pier Ettore che in quel posto il suo amico capriolo non sarebbe più ritornato.
Era un momento di crisi questo e la prof si interrogava su quel futuro che non vedeva per il suo paese e per suo figlio. Rifugiarsi nella storia, come faceva di solito, non per ricordare e basta ma per analizzarne gli insegnamenti, le serviva per cercare di trovare una chiave di comprensione per il futuro. La Storia e la sua passione per l’archeologia. Chissà magari quella collina conteneva anche importanti reperti ma sembrava che nessuno se ne curasse. Vedeva la ferita del colle e le sembrava che quel lavoro proprio dietro casa sua, fosse un simbolo di come tutto stesse sprofondando.
Quando quella sera Pier Ettore le chiese perché quella gente aveva fatto tutto ciò, restò così imbarazzata e senza parole che trovò più semplice, piuttosto che cercare una ragione vera a quello scempio, cambiar discorso e più facile spiegargli come nascono i bambini.
Andò a letto con un grumo di tristezza in fondo al cuore e sognò.
Sognò che il suo bambino superava 250 esami universitari contemporaneamente e con il massimo dei voti e subito riceveva 250 offerte di lavoro da importanti aziende. Quando sognò 250 fidanzate per il suo Pier Ettore si svegliò di soprassalto. 250 fidanzate no! La sera, prima di andare a letto, non doveva più guardare i telegiornali.
Era un po’ presto per alzarsi ma ormai era sveglia e per una volta avrebbe fatto tutte le cose con calma. Sbirciò Pier Ettore dentro la sua stanzetta. Dormiva e gli sembrò un po’ agitato, chissà cosa stava sognando. Non ci fece gran caso e visto che aveva un po’ di tempo gli preparò le brioches. Stava per andare a svegliarlo quando sentì suonare alla porta. Le sembrava proprio di aver già visto da qualche parte quell’anziano signore lì davanti a lei e che senza tanti complimenti era già entrato dicendo “Disturbo? Sono qui per presentare l’ascensore”.
“Non compro niente – rispose pronta, pensando ”ascensore? di un ascensore non so proprio che farmene!” – ma entri che fa freddo, le posso offrire una buona tazza di caffè caldo?”
Così fece accomodare l’anziano signore che aveva un rotolo di disegni sottobraccio. E chiamò a gran voce una prima volta Pier Ettore. L’anziano sembrò incuriosito dal nome del bambino ma la mamma fu sbrigativa, ora non c’era più tanto tempo, il bambino doveva prepararsi per la scuola e all’anziano non restò altro che cercare di srotolare i suoi disegni. La mamma lo fermò subito, rimproverandolo: “non sul tavolo dove si mangia!”. E a gran voce chiamò di nuovo: “Pier Ettore, alzati, che c’è un signore che ci vuole mostrare dei disegni” mentre portava velocemente in tavola brioches e caffè fumante. “Forza, Pier Ettore – chiamò ancora – il capriolo non c’è, vieni a tavola”. Il bimbo non rispondeva e la mamma allora andò verso la cameretta. Quando aprì la porta restò senza fiato: Pier Ettore non c’era e la finestra era aperta.
Non più di un attimo dopo un’esplosione devastante squarciò la tranquillità di quel mattino e la vita di uno dei protagonisti di questa storia. (2. continua)
la compagnia dei transalpini
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