In risposta all’attesa di tanti ecco la terza puntata: avevamo lasciato il piccolo Pier Ettore sulla collina e un signore che aveva chiesto di poter entrare in casa e parlare con la madre la quale sulle prime l’aveva scambiato per un rappresentante di commercio (le puntate precedenti sono state pubblicate il 12 e il 16 febbraio):
Senza tanti complimenti, entrò dicendo “Disturbo? Sono qui per presentare l’ascensore”. Lui era il sindaco e quella signora sulla porta, con quella faccia da professoressa, lo irritava.” Anche oggi, si comincia male” pensò.
Come il giorno prima. Era febbraio e la giornata era calda che sembrava quasi primavera. Lui come gli succedeva regolarmente negli ultimi tempi era irritabile e nervoso. Aveva convocato i suoi collaboratori: così non si poteva andare avanti e stavolta lo avrebbero sentito. La colpa non era sua. Era colpa di tutti quelli che gli remavano contro e del suo predecessore. E a farne le spese era lui. Lui! il miglior sindaco degli ultimi 150 anni! sbattuto agli ultimi posti nella classifica di popolarità e il paese tappezzato da manifesti contro.
”Basta con questi no se pol” aveva urlato in sala riunioni, continuando a irritarsi ad ogni argomentazione, una scena isterica e lui se l’era presa con tutti. Ma come? non bastavano quelli dell’opposizione? anche nel suo ufficio manifestavano dubbi? Erano due settimane che quei lavori sulla collina erano fermi, due settimane! tutti quei maledetti intoppi e ora la bomba. Un operaio l’aveva trovata ma tutto era rimasto segreto, gli artificieri avevano detto che si poteva anche saltarci sopra che non sarebbe mai scoppiata e che per esplodere bisognava proprio dargli una botta tremenda. Su tutte le furie urlò: “quella bomba lasciatela lì, i lavori devono andare avanti a qualunque costo!” fuori di sé, aveva preso il cappotto, invano timidamente un suo collaboratore aveva cercato di fermarlo, solo in strada si era accorto che non era suo. “Maledetti, tutti contro. E maledetta anche la differenziata!” – pensò, pigiando il cappotto nel cestino sul marciapiede di fronte. Irritato, a grandi passi, si era allontanato. La decisione l’aveva presa: proprio lui, avrebbe iniziato a presentare il progetto, lui, personalmente, iniziando da quella casa sotto la collina. Non ne poteva più, volevano bloccare il futuro del paese, ma aveva le spalle grosse lui!
Nel pomeriggio passò di là: sulla collina del castello non era rimasto un filo di verde. Ma certo! come diavolo si poteva fare quel lavoro senza disboscare tutto? Il progetto l’avevano iniziato altri, chi c’era prima di lui. La terra marrone era illuminata dal sole. Ruspe e camion fermi. Nessun operaio. “ma chi è quel bambino attaccato alla rete? Boh, tanto non c’è alcun pericolo, quella bomba non può scoppiare!”
Alla sera, a letto, irritato e nervoso, prese qualcosa per dormire e sognò.
Sognò che inaugurava uno dopo l’altro 250 centri commerciali su una strada con 250 rotonde, che si raggiungevano con 250 ascensori. “Vado bene per la collina del castello?” chiese Attila uscendo da un ascensore. “ Non si preoccupi abbiamo già fatto”, rispose lui. Nel sogno malediva il suo predecessore e continuava a dire “no se pol”, ma nessuno lo ascoltava. Allora propose quattro referendum: contro i centri commerciali, contro le rotonde, contro gli ascensori, contro Attila. I primi tre glieli bocciarono. Il quarto si fece: vinse Attila che diventò sindaco al posto suo. Un incubo, si svegliò madido di sudore.
La mattina era lì con quella tipa che gli diceva di entrare, che fa freddo, con quell’aroma di caffè caldo che veniva da dentro casa. Si certo, entrare doveva, e presentare il progetto…intanto la donna chiamava suo figlio e lui pensò “Ma che cavolo di nome è, Pier Ettore?”. In effetti non pensò proprio al cavolo, anche perché mentre cercava di srotolare i suoi disegni fu fermato…“No se pol?…ma senti questa! sul tavolo dove se magna, no se pol!”…e poi il capriolo, che capriolo? con la polenta se lo sarebbe mangiato il capriolo…però le brioches e il caffè…ma che stracavolo di nome, Pier Ettore non rispondeva e quella insopportabile donna lo andò a chiamare.
E poi quel sibilo fastidioso nelle orecchie, maledetta vecchiaia e maledetti acufeni. Pensava a quella situazione che non avrebbe voluto vivere, agli attacchi degli ultimi giorni e a come era iniziata quella mattinata: che cosa poteva ancora succedere? Quella bomba solo con una botta tremenda…e in che diavolo di modo avrebbe potuto prender quella botta. Ancora quel sibilo nelle orecchie, che fastidio, prese una brioches e si affacciò alla finestra giusto in tempo per vedere per alcuni istanti il grande l’elicottero che dolcemente, sibilando, si posava sulla collina. Centrando con precisione la bomba. (3. continua)
la compagnia dei transalpini
oh … ma che mira!
a quando la prossima puntata?