Riconosciuta la buona volontà ma non la creatività dei responsabili, è un po’ difficile definire “pista ciclabile” quella che si snoda di qua e di là dei controviali del Corso: a parte lo slalom tra tavolini di bar, automobili parcheggiate e pedoni non ancora avvezzi alla novità è necessario fermarsi a ogni attraversamento, scendere dalla bici e passare oltre sulle strisce pedonali (auspicando la non sempre cristallina attenzione degli automobilisti). I cento metri realizzati in via XX settembre come i più o meno altrettanti a Lucinico sono un ostacolo sia alla circolazione delle auto che a quella dei ciclisti ben poco protetti dai fragili birilli di plastica che delimitano la “pistina”. Nonostante diversi richiami restano i segnali che trasformano in “ciclo/pedonabile” alcuni marciapiedi cittadini: passino quelli abbastanza ampi di via Vittorio Veneto, passino fino a un certo punto quelli del tutto deformati dalle radici degli alberi di via XX settembre, ma quelli molto stretti di via Silvio Pellico e dintorni sono veramente un vilipendio all’umana intelligenza. E’ logico che il ciclista “ch’ nu è fess” preferisce la tradizionale strada andando incontro ai rischi del caso e agli improperi dei piloti. Sì, perché questo è il punto: le “ciclabili” nelle altre parti del mondo (compresa Nova Gorica dove è molto semplice verificare) hanno lo scopo di incentivare l’uso della bicicletta e di diminuire il traffico motorizzato; chez nous servono a favorire gli automobilisti togliendo di mezzo questi intralci mobili che sono i ciclisti!
di qua e di la dovranno snodarsi pure i disabili in carrozzina e non solo. Esempio: davanti al bar Garibaldi mi pare sia sparito lo spazio per i pedoni e l'handicap.