Alla fine i referendum comunali si terranno.
Quando? Per una serie di norme che si intersecano fra loro non si sa bene: domenica 29 maggio potrebbe essere la prima possibilità ma in caso di (probabile) sovrapposizione con le elezioni provinciali la consultazione dovrebbe slittare al 12 giugno a meno che non vengano indetti i referendum nazionali il 5 o il 19 giugno nel qual caso i quesiti locali saranno esaminati nello stesso giorno di quelli nazionali. Un bel rompicapo che evidenzia però la difficoltà di portare al voto la maggioranza degli elettori dopo la campagna elettorale amministrativa.
E su cosa si voterà? Fatta salva l’importanza del coinvolgimento dei cittadini su questioni che li interessano, dopo la molto discutibile “cancellazione” da parte dei garanti del referendum proposto dal Forum sugli ascensori al castello e di quello sull’istituzione del registro per il testamento biologico proposto dai radicali, restano solo tre quesiti: la ridefinizione del “comitato dei garanti” (che comunque deve essere ridefinito dal momento che è stato abolito l’istituto del difensore civico che ne è attualmente per diritto presidente), la soppressione del quorum che rende “valido” il referendum solo se hanno votato più del 50% degli aventi diritto (norma assurda in quanto essendo “consultivo” e non vincolante il parere dei cittadini conta quello che conta qualunque sia il numero di coloro che l’hanno espresso), la possibilità che i cittadini presentino delle delibere di iniziativa popolare da sottoporre all’attenzione del Consiglio Comunale (proposta lodevole che comunque deve essere discussa in apposita commissione indipendentemente dal “consiglio” degli elettori). Insomma, si tratta di tre problemi che non toglieranno il sonno agli elettori e meno che meno agli amministratori. A pensar male si potrebbe spiegare così l’inconsueto entusiasmo con il quale il sindaco ha consentito ai promotori di utilizzare i locali del Municipio per la raccolta delle firme e si è “battuto” per garantire il voto in primavera: qualunque sia l’esito non cambierebbe di fatto nulla e in più un’eventuale presenza a ranghi ridotti alle urne darebbe buon gioco nel contestare ai promotori le spese e aumenterebbe la sfiducia nei confronti di un “segnale” importante che in altri casi (vedi appunto ascensori o testamento biologico) potrebbe scuotere le “sicurezze” del Palazzo.
Non resta che sperare nella concomitanza con i ben più impegnativi referendum nazionali (su acqua e dintorni) e impegnarsi comunque per evitare almeno che quelli locali non siano soltanto i primi ma anche gli ultimi proposti ai goriziani.
Ieri sera incredibile esternazione del consiglier- assessore Pettarin, il quale, dicendo che interveniva appunto come consigliere e non come assessore, secondo la nota distinzione tra premier e primo ministro di Silvio, ha detto che lui non votava la data del referendum (già deciso, solo da ratificare) per l'abnorme spesa che comporta, 85 mila euro.Il Nostro invocava la venuta del commissario in modo da non essere lui a spendere la somma. Ora: se non volevano che si arrivasse a questo punto, potevano avere un altro atteggiamento rispetto alla democrazia diretta: hanno sempre bocciato tutte le richieste;secondo:non si accettano lezioni di economia da chi vuol fare l'ascensore e non sa neppure quanto costa, terzo: il referendum è previsto dal regolamento e dallo statuto. Quando mai si è visto che un assessore comunale si mette di traverso alle leggi del suo comune? Ma non era assessore, ha parlato come consigliere! Ah, be, allora…solo che anche Toni B. ha votato come pettarin e lui non è consigliere.