Insomma l’intervento militare in Libia sta rivelando un’imbarazzante confusione planetaria. Nell’Unione Europea la Francia litiga con la Germania prima dell’inizio dell'”operazione” poi tende a strafare “rompendo” con l’Italia la quale si definisce “non in guerra” (così Napolitano) ma invia i propri “Tornado” a presidiare la no fly zone “senza sparare neppure un colpo” (così Berlusconi – ma cosa fa un aereo militare se qualcuno “viola” la zona? Sventola fazzolettini di carta con scritto “no bomb”?). Gli Usa si lanciano nell’avventura con la fedele GB salvo poi pentirsi di fronte alle rimostranze dei ricchi alleati arabi; invitano alla calma e a non andare oltre una buona lezione dimostrativa. In Russia Primo ministro e Presidente litigano fra loro avendo un’opinione completamente diversa sulla vicenda. Nel teatrino italiano la Lega Nord si dissocia clamorosamente dalla partecipazione italiana (per paura di perdere elettori a causa di un prevedibile escalation nell’arrivo dei profughi) e gli “alleati” rivolgono a Bossi parole piene di comprensione (chi ricorda gli epiteti – “irresponsabili” era il miglior eufemismo – rivolti dalla destra a chi era contrario all’intervento militare in Iraq?). Insomma, una grande armata Brancaleone travolta dai “se” e dai “ma” non dei misteriosamente quasi assenti (o ormai forse del tutto silenziati) movimenti per la pace bensì degli strateghi militari confusi dall’incredibile approssimazione dei politici: davanti a una seria crisi internazionale dimostrano la loro inconsistenza e non sanno che pesci pigliare, raccomandandosi alla buona sorte e all’improbabile buon cuore di un dittatore accolto non più di cento giorni fa con tutti gli onori da Berlusconi a Roma e che non si capisce per quale motivo ora dovrebbe accettare con entusiasmo di andarsene dal Paese che ha governato (con gli stessi metodi tutt’altro che democratici) per oltre 40 anni.
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