Dal sito delle Comunità di Base italiane è tratta la seguente riflessione sofferta e contro corrente sui drammatici avvenimenti bellici in corso in Libia. Con la speranza che a parlare nel Nord Africa siano sempre più le ragioni del dialogo fra le parti (e all’interno delle diverse parti!) e non il rombo dei cannoni accompagnati dagli interessi economici dei potenti.
No all’intervento militare contro uno stato sovrano
Dopo il voto, inaccettabile, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha autorizzato, insieme alla no-fly zone, il ricorso a “tutte le misure necessarie” (di fatto il via libera ai bombardamenti), è scattato l’intervento militare sulla Libia al quale partecipa anche l’Italia (le dimensioni dell’azione stanno suscitando crescenti proteste nel mondo arabo e non solo)una misera foglia di fico araba).
Noi, che siamo cittadini di un paese che porta grandi responsabilità per la situazione che storicamente si è creata in quel paese, ci dichiariamo disponibili a sostenere ogni azione legittima che contribuisca a fermare lo spargimento di sangue e a trovare una soluzione politica alla crisi, mentre dichiariamo la nostra ferma contrarietà a ogni azione bellica condotta dall’esterno contro un paese sovrano. Quale che sia il regime, quale l’ordinamento che lo regge, la Libia resta un paese sovrano. Un paese diviso, in preda a una guerra civile assai grave, che ha già prodotto migliaia di vittime, ma non vi sono tribunali esterni, tanto meno armati, che potranno sciogliere legittimamente i nodi che vi si sono aggrovigliati. Non c’è alcuna legittimità in questa impresa, se verrà tentata.
L’obiettivo è consegnare la Libia a un partner affidabile in qualità di fornitore di materie prime energetiche. Sappiamo già che la no-fly zone sarà presa come pretesto per bombardamenti, come al solito “chirurgici”, di cui altri morti, militari e civili, saranno il prezzo che il popolo libico dovrà pagare. Ironia della sorte, toccherà di nuovo a Francia e Inghilterra il ruolo infausto che assunsero nella lontana crisi di Suez. Allora agirono apertamente nel loro interesse. Oggi fingono di farlo per ”ragioni umanitarie”.
La Libia vive giorni drammatici. Sia le forze popolari, che l’apparato di potere, appaiono divisi lungo linee geografiche e tribali in battaglia fra loro. Il rischio è che i paesi occidentali strumentalizzino questo contesto, già di per se foriero di lutti e sofferenze, per giustificare l’ennesimo intervento militare. L’ Iraq e l’ Afghanistan mostrano ogni giorno, in modo inequivocabile, come i cosiddetti “interventi umanitari” siano in realtà tappe di un progetto strategico finalizzato al controllo delle risorse (soprattutto energetiche).
Si tratta di vere e proprie guerre sanguinose, che il nostro Paese combatte in violazione della Costituzione e della volontà popolare, e che hanno portato ulteriori sofferenze a popolazioni già provate. Non facciamoci coinvolgere in un altro intervento militare. Non partecipiamo all’ennesima guerra illegale, e dalle conseguenze irreparabili
Marino Badiale, Maria Bonafede, Gennaro Carotenuto, Angelo Del Boca, Tommaso Di Francesco, Giulietto Chiesa, Massimo Fini, Maurizio Pallante, Fernando Rossi, Alex Zanotelli, Monnia Benini, Rete Provinciale Torinese dei Movimenti e Liste di Cittadinanza
Rispondi