“Giustizia” o “giustizialismo”… e se solo volessimo “democrazia”?
Stamane in auto la radio passava una “storica” canzone del Vasco nazionale dal titolo, se non mi sbaglio, “Non appari mai”.
La canticchio nella testa un po’ per tutta la strada e allora – rientrato a casa – mi impegno a cercare il testo su internet. Ve ne riporto qualche passo e ne tolgo le licenze canore, giusto per renderlo più leggibile:
“A volte non ho più alibi oggi siamo tutti comodi
non ci sono più “uomini” oggi vanno bene quelli come te
che arrivano dopo e che non c’entrano mai
Non sai più “se è un film” oppure se è successo veramente
oggi è la TV a dire se una cosa “è vera” o “se hai sognato te”!!
e prova a dire “che”…che vedrai!
Tu non sei più in grado neanche di dire se quello che hai in testa l’hai pensato te!
Qui non sei, non sei nessuno qui non si esiste più se non si appare mai in TV!
Ma dove sono gli uomini, ma dove sono quelli che credevano che vivere
non è sempre solo rispondere che……”va bene com’è” per evitare guai!”
Sono parole che fanno pensare solo a me, o uno sferzante ghigno di ironia e sgomento si disegna sul vostro viso mentre un sussulto del cuore rende roventi le vostre vene?
Penso al celebre aforisma di Andy Warhol, quello in cui il pittore e regista sosteneva che “ognuno ha DIRITTO al suo quarto d’ora di celebrità”. Certamente l’artista americano non immaginava che nella spasmodica affermazione di questo “DIRITTO”qualcuno avrebbe cercato di procurarsi la propria notorietà al prezzo di ogni bassezza e di ogni falsità, calpestando l’altrui diritto, ben più nobile e democratico, della trasparenza, del dialogo, della libera partecipazione. Anche perché, se è vero che la percezione del proprio “ruolo” passa inesorabilmente attraverso la rappresentazione sociale che ha il gruppo rispetto a ogni individuo che ne è membro, risulta altrettanto verosimile che:
– il continuo desiderio di accrescere la propria immagine finisce per diventare una patologia autoimmune e degenerativa
– e, in considerazione di quanto sopra, la ricerca continua del privilegio della propria celebrazione popolare porta il detentore a limitare sempre di più la partecipazione e l’accesso al dialogo da parte di tutti gli altri membri del gruppo.
L’altrui opinione non è più fonte di arricchimento e confronto, ma un possibile ostacolo da ostruire, eliminare, soffocare.
Succede così che, presi 100 individui, tutti debbono godere di 15 minuti di attenzione.
Ma se nel tempo – sostanza infinita per natura, ma limitata e preziosa per gli esseri umani – un solo individuo monopolizza l’attenzione per ore e ore… quanti secondi rimangono agli altri per ribattere?
E se il gruppo fosse di 58 milioni di persone, questo limiterebbe o accrescerebbe le disponibilità di tempo da parte un singolo a discapito dell’intera comunità?
La disponibilità di tempo di quel singolo individuo non si accrescerebbe, ma aumenterebbe la quantità del danno arrecato, in quanto distribuito con la stessa uguale intensità a un numero di persone tanto maggiore.
Se un solo individuo può dire di essere nel giusto, anche nella conclamata evidenza di numerose violazioni a codesta purità morale, quali strumenti hanno tutti quelli che passivamente lo ascoltano nell’affermare l’insostenibile evidenza dei turpiloqui ascoltati, ripetuti e diffusi ancora e di continuo?
Portare via a ciascuno di noi un minuto, e poi cinque, e poi dieci fino a consumare tutto il quarto d’ora disponibile di spazio per denunciare la nostra personale incredulità… non è forse calpestare un diritto che ci appartiene? Un diritto sacrosanto come l’aria che respiriamo?
Ed è forse per questo motivo che sento mancare il respiro ogni volta che leggo il giornale, che ascolto la radio, che assisto a un telegiornale? Forse perché prendo atto che inesorabilmente tutto il tempo concessomi è ormai consunto? Forse perché è ridotto a pochi secondi o poco più…e a beneficio di chi? E non ho ancora 32 anni…
Ed è forse per questo motivo che molti, moltissimi miei coetanei e talvolta anch’io abbiamo preferito pensare che il diritto alla parola e all’espressione civile non siano più un’aria fresca della quale possiamo fruire?
E se non sono “nessuno perché non apparirò mai in TV”…
E se finirò per pensare che tutto quello che oggi ascolto col ribrezzo del disgusto finirò – causa sfinimento – per accettarlo prima o dopo solamente per “non cercare guai”…
E se tutto questo accade e sta accadendo veramente, come la mia nonna mi racconta di quello che accadde 90 anni fa…
E se questo fosse proprio come lo intravvedo e nessuno, nei grandi numeri, sembra rendersene conto…
Allora, se tutto questo fosse proprio come sembra… uso gli ultimi secondi di tempo a mia disposizione per inviare una mail.
Perché so che molti la capiranno, cercando e sforzandosi di leggere tra le righe nomi non detti e fatti ascoltati di continuo.
Perché siano ristorati, per i pochi secondi a disposizione, gli animi di coloro che, al pari mio sono in attesa.
In trepidante attesa,
senza rimanere con gli occhi spenti
fissando un muro di ombre colorate
Senza pensare di essere Tutti
ignari protagonisti
del mito della caverna.
Giovanni Civran
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