La visione del film Habemus papam di Nanni Moretti è da consigliare a tutti, anche a chi si sta preparando per la visita di Joseph Ratzinger ad Aquileia e Venezia all’inizio di maggio.
E’ una parabola raccontata con la delicatezza e la perfino maniacale professionalità del regista di Ecce Bombo e del Caimano: già abituato all’indagine del “sottosuolo” ci ha coinvolto in passato con altre affascinanti narrazioni nella crisi della borghesia e del ’68, della sinistra storica e della Chiesa italiana, della famiglia vacillante nel turbine della tragedia e della democrazia minacciata dal populismo ipermediatico. Grandi parabole, il cui insegnamento deve essere decodificato o meglio personalizzato in un orizzonte di senso nel quale tutti – ma proprio tutti – si possono riconoscere.
In Habemus papam è un improbabile outsider a rimanere schiacciato dalla responsabilità di divenire il capo della cattolicità in un momento difficile della storia ecclesiastica e universale: senza entrare ovviamente nella trama e svelare se i suoi dubbi saranno o meno oltrepassati dalla fede e dalla ragione, non si può che rimanere colpiti dall’entusiasmo che questo anti-Papa, ma forse proprio per questo vero-Papa, riesce a suscitare nel cuore dello spettatore. Un tema che avrebbe attratto ben pochi spettatori al di fuori della stretta cerchia dei devoti – cosa accade nel Conclave quando si deve eleggere il Pontefice? – diventa interessante per tutti perché quel Papa travolto dalla paura è ogni donna e uomo del nostro tempo e la turba degli ingenui elettori altro non è che la sottolineatura di un’irrimediabile generalizzata solitudine.
A ogni persona – credente o non credente che sia – è affidato oggi il compito immane di “governare” il mondo nel momento del massimo smarrimento, quello di un’umanità adolescente che ha scoperto le sorgenti della libertà e dell’autonomia ma non è ancora in grado di controllare le “piene”: come aveva preconizzato il profeta Heidegger la civiltà della tecnica ha portato l’Impero occidentale al tramonto nell’epoca della sua massima potenza; ma non si vede cosa c’è al di là del muro e il gesto o la parola di ciascuno possono ottenere salvezza e rovina, a volte più di quanto possano realizzare il gesto o la parola di un Papa.
Riusciremo nell’intento di esercitare la piccola o grande responsabilità che ci compete senza cedere alla tentazione di fuggire davanti alla solitudine e al senso di impotenza? Papa Melville e il suo psicoanalista Moretti offrono qualche suggerimento… Da non perdere!
ab
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