Chissà perchè sui referendum locali l’astuto Romoli e la sua Giunta non hanno agito come i loro colleghi più “in alto” che hanno silurato il referendum nazionale sull’energia nucleare con la sospensione di tutta la procedura?
Probabilmente perché la maggioranza parlamentare ha ritenuto opportuno evitare una chiamata alle urne su un argomento molto sensibile, di grande interesse dopo le tristi vicende di Fukushima; lo stesso Berlusconi ha probabilmente pensato che un quesito “pesante” in meno avrebbe abbassato il numero di elettori disposti a votare il 12/13 giugno “sì” contro la privatizzazione dell’acqua e (per lui soprattutto) contro il legittimo impedimento. Romoli invece ben sa che i referendum comunali sono incentrati su quesiti che sicuramente non tolgono il sonno a nessuno: per questo preferisce “subire” la prova referendaria (possibilmente distinta da quella nazionale o almeno con modalità penalizzanti) per dimostrare l’inutilità di un istituto che prevede una qualche vaga forma consultiva di partecipazione democratica dei cittadini all’amministrazione della cosa pubblica.
La soluzione del “caso” (o “casino”, inteso come “piccolo caso”) goriziano infatti sarebbe stata molto semplice, il classico uovo di Colombo: una modifica dello Statuto comunale votata da almeno due terzi dell’aula consiliare. Si sarebbe così modificata la struttura del “Comitato dei Garanti” comunque da trasformare tra poco tempo per la cancellazione del “Difensore Civico”; si sarebbe tolta l’assurda prescrizione sulla non validità di un referendum consultivo senza il 50% più 1 dei votanti (che senso ha sottolineare la “validità quantitativa” di un semplice “consiglio”?); si sarebbe inserita la proposta di discussione in Consiglio Comunale della “delibera di iniziativa popolare”. Affidando poi alla discussione in Consiglio la regolamentazione di tali decisioni.
Gli obiettivi di pochi hanno impedito questa soluzione improntata al più evidente buon senso: Romoli e la maggiornanza al fine di ridicolizzare il referendum in quanto tale, una parte dei promotori per rispetto degli oltre 1500 sottoscrittori dei quesiti. E così giovedì sera ci si troverà ancora una volta (sarà la terza, per un totale di circa 12 ore complessive – il che significa il costo di due Consigli, circa 12mila euro complessivi, ovvero quelli che occorrerebbero per celebrare con tranquillità il referendum locale sui due giorni, “contestuale” al nazionale) a discutere sulle date, se il 12 o il 19 giugno, se in una sola giornata invece che due, ecc…
Mah, forse il problema sta proprio nella modifica di uno Statuto e di un regolamento comunale molto attempati, che hanno almeno consentito alla città di raggiungere un record: quello dell’estrema lentezza nella conduzione delle riunioni di Consiglio Comunale, con una media che certamente suciterebbe invidia anche ai più agguerriti cultori dell’ostruzionismo parlamentare!
S.P.Q.R.
Sono Pazzi Questi Romoliani
Pensano di scippare anche questi referendum come stanno facendo con quelli regionali, confidando che nella palude goriziana tutto, dopo un po', affondi nell'interesse dei cittadini.