“Rimettiamo in moto Gorizia”, “un nuovo futuro”, “siamo noi la novità di questa campagna elettorale”, ecc.
Un tempo c’erano i comizi in piazza, poi Jader Jacobelli ci ha abituato alle tribune politiche televisive… E i proclami dei candidati alle diverse elezioni diventano sempre più uguali e sempre più rivolti al manipolo dei propri supporter; riportando dai “25 uditori” (ma Manzoni era un inguaribile ottimista!) parole di consenso capaci di galvanizzare fino all'”uscita” successiva.
Leggendo i “programmi” e ascoltando i discorsi dei candidati Presidente della Provincia è difficile non cadere nel qualunquistico “dicono esattamente le stesse cose”: chi vota l’uno, l’altro o l’altra vota chi vuole la Tav per Gorizia, internet per tutti, lavoro per tutti (ma i 20mila nuovi contratti a tempo indeterminato rivendicati come un successo dell’amministrazione uscente sono davvero un numero impressionante, in una provincia che non raggiunge i 150mila abitanti!), viva il volontariato, attenzione prioritaria ai giovani, ecc.
E allora? Allora è importante un voto che sia un segnale nazionale: a Roma – e a Trieste – si contano gli elettori, non i programmi e i “volti” dei candidati locali: non si capisce quale sia la differenza tra ciò che scrivono/dicono in questi giorni Gherghetta/Vecchi/Cosma; tuttavia l’obiettivo di sostenere o affossare questo Governo nazionale che sta attrraversando in modo incosciente momenti drammatici per la storia del mondo è più che mai realistico e urgente.
Per questo resta fondamentale esercitare il proprio diritto/dovere di votare, vincendo le venefiche tentazioni della non partecipazione. Anche se – in questa particolare contingenza – risulta difficile credere che veramente nei prossimi cinque anni “si rimetterà in moto Gorizia”.
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