Che cosa è stato fatto in questi quattro anni di amministrazione Romoli a favore del welfare? I giornali ne hanno parlato poco e sempre in occasioni particolari, come ad esempio in occasione dell’emanazione delle odiose e totalmente inutili ordinanze antiaccattonaggio: il loro scopo dichiarato era trovare un’escamotage per risolvere il “problema” della signora che abitava su una panchina dei Giardini, la questione è stata rifilata a un’associazione di volontariato con la promessa di intervenire “entro un mese”. Sono passati ormai due anni e la signora dei Giardini è ancora a carico del privato sociale goriziano, nessuno se ne è più minimamente interessato e l’ordinanza antiaccattoni continua a esistere per colpire i più poveri tra coloro che vivono in città.
Al di là di queste situazioni eclatanti i servizi sociali hanno continuato in un clima di giusto e rispettoso silenzio a rispondere a centinaia di esigenze pressanti di famiglie e singoli rigettati dalla crisi ai margini della vita sociale. Un buon terzo del bilancio comunale è dedicato a tali interventi, spesso ostacolati dalla burocrazia e da leggi regionali assurde come quella prima bocciata dalla Corte Costituzionale poi riapprovata con qualche correzione che impedisce di fatto l’accesso ai servizi ai non residenti da qualche anno sul territorio regionale.
Ma oltre alla necessaria risposta alle situazioni d’emergenza, quale politica del welfare è stata portata avanti da questa Giunta? Oltre al classico pacco viveri spesso delegato alla Caritas e all’emporio della solidarietà, c’è stato qualche tentativo di offrire ai cittadini in situazione di bisogno percorsi di sostegno in grado di integrarli nel mondo del lavoro e nella vita della società goriziana?
Nella città dove Basaglia ha iniziato la sua “rivoluzione” c’è stato qualche tentativo di riprendere in mano le sue intuizioni e applicarle all’intero sistema dell’assistenza territoriale? Esistono contatti tra le amministrazioni comunali contermini slovene e italiane per affrontare insieme ai responsabili della sanità i gravi problemi riguardanti il disagio giovanile e adulto, le tematiche relative alle dipendenze, la prevenzione delle difficoltà attraverso consapevoli proposte di collaborazione imprenditoriale?
Sono domande retoriche, in realtà è stato fatto molto poco per uscire da una logica meramente assistenzialistica e proiettarsi verso un più moderno sistema di welfare territoriale e comunitario in grado di trasformare tutti i cittadini in operatori di cura e nel contempo soggetti curati, diventando ciascuno protagonista della costruzione della Città. L’assistenzialismo crea ulteriori dipendenze (anche politiche purtroppo) e non risolve i problemi, l’aggravarsi della crisi spazzerà via anche le ultime barriere protettive; l’investimento sul protagonismo di ciascuno apre una finestra su un futuro sostenibile e rispettoso della dignità della persona.
E' vero, il welfare sembra la dependance delle dame di S. Vincenzo.A quando i quaderni e le caramelle per i bambini poveri e giudiziosi? Il fatto è che in periodi di spaventosa crisi come questi l'attenzione deve essere rivolta all'inserimento, al contributo che queste persone a vario titolo possono dare alla comunità. L'assistenzialismo non solo crea dipendenze, ma ormai credo sia insostenibile. Anche sul disagio psichico si potrebbe fare molto: ad esempio mi piacerebbe sapere quanto è diffuso tra persone che si ritengono normali, quanto la sofferenza sia legata a come viviamo, quanto per stare meglio sarebbe opportuno andare a fondo dei nostri reali bisogni, che sono sempre più disattesi. Penso a gruppi di discussione e di auto aiuto non solo tra "matti" certificati" ma tra tutti quelli che non si sentono troppo bene. Aprire una discussione seria sulle condizioni per cui si può stare un po' meglio, eviterebbe non solo ai matti, ma a tutti noi l'abnorme uso di psicofarmaci e darebbe un bella botta alle industrie farmaceutiche.