Il “punto” sta nel fatto che da oltre sessant’anni a oggi Gorizia e Gorica hanno compiuto ben pochi passi insieme. Fino al 1991 l’interlocutore era la Jugoslavia: moltissimi goriziani non hanno mai neppure messo il piede di là del confine e le sofferenze patite da ognuna delle componenti dell’allora società goriziana prima durante e dopo la seconda guerra mondiale non sono mai state del tutto rimarginate. Poi c’è stata la Slovenia e le relazioni ordinarie sono migliorate fino alla scomparsa definitiva dell’antico confine. Ci sono state in tutti questi anni frange illuminate di persone – soprattutto nel mondo della sinistra storica e del cattolicesimo democratico – che hanno giustamente tenuto alto il vessillo del dialogo e dell’amicizia sul confine; e lo hanno fatto anche quando erano derise e spesso vilipese da chi oggi sottoscrive gli accordi bi e trilaterali tra i Comuni transfrontalieri. Tuttavia… Tuttavia quel colpo d’ala che contribuirebbe in modo decisivo ad offrire una nuova chance al territorio non c’è ancora stato: si è arrivati durante l’amministrazione Brancati a creare lo spazio della Transalpina (prontamente rimosso da Romoli e c.), le chiese locali da diversi anni si ritrovano almeno una volta a Monte Santo/Sveta Gora, ci sono rapporti di profonda cortesia e di ricerca di reciproca conoscenza, c’è stata la firma del Gect – buona idea ma contenitore purtroppo del tutto vuoto. Ma luoghi di ordinaria convivenza a tutti i livelli, tavoli di concertazione urbanistica e imprenditoriale, incontri non formali di amministratori per “pensare insieme” e anche concretizzare il futuro, strutture di realizzazione di percorsi comuni in tutti i settori della vita sociale… tutto questo per ora non c’è mai stato, una città è cresciuta dal nulla davanti a noi e non ce ne siamo quasi accorti, se non quando il flusso che ha tenuto desto per anni il commercio goriziano si è interrotto, si sono invertite le parti e sono cominciati i guai…
Dunque? Dunque l’unica alternativa al piano inclinato che conduce Gorizia verso la perdita non tanto delle sue prerogative, strutture e infrastrutture bensì della sempre più numericamente esigua popolazione è che il rapporto con Gorica (e dintorni) esca dal lastricato delle buone intenzioni e si concretizzi con delle idee forti e sostenibili. Ciò sarà possibile soltanto se prima dei programmi e dei progetti si creeranno le condizioni perché tutti i cittadini di qua e di là dell’ex confine si possano sentire goricani/goriziani. Parlando ciascuno la propria lingua e comprendendo tutti quella dell’altro, conoscendo e condividendo le reciproche ricchezze e fragilità, costruendo un sistema informativo bilingue che consenta di leggere la “pagina di Nova Gorica” con lo stesso interesse con il quale si legge quella di Gorizia (e viceversa), studiando la storia, leggendo i poeti, percorrendo le montagne e il Collio. Solo così sarà possibile pensare a un futuro sostenibile: questo riempire di volti, relazioni, rapporti sociali la voglia di costruire insieme deve essere la prima preoccupazione e la prima urgenza per dare spessore a qualsiasi programma elettorale che non voglia rimanere inevitabilmente ancorato nelle secche degli indiscutibili principi e dei buoni propositi…
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