Senza invocare guerre di religione e senza scomodare ici esenzioni e quant’altro la Chiesa cattolica italiana potrebbe compiere il da molti richiesto (anche al suo interno) gesto di buona volontà semplicemente “dando a Cesare ciò che è di Cesare”; cioè dando allo Stato ciò che è dello Stato. Infatti – non tutti lo sanno – la distribuzione del fondo proveniente dall’8 per mille non avviene sulla base di quanti firmano per l’uno o per l’altro ma sull’intero gettito.
Se il contribuente non firma, e quindi non indica la propria scelta, l’8 per mille dell’Irpef viene comunque attribuito, sempre in maniera proporzionale alle scelte espresse, alle istituzioni indicate nel modello. (Dal sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate).
Per scendere nei particolari (il dato è del 2008, ultimo per ora facilmente reperibile, ma si può supporre che ci si trovi sullo stesso trend): su 40 milioni di contribuenti solo poco più di 17 milioni firmano per devolvere l’otto per mille ad una confessione religiosa o allo Stato; di questi 15 milioni firmano a favore della Chiesa cattolica (cioè circa il 42% dei contribuenti e poco meno del 90% dei “firmanti”). Totale per la Chiesa Cattolica? Il 90% dell’intero gettito, ovvero circa 1002 milioni di euro!!! Allora, il gesto di equità consisterebbe nell’accettare dallo Stato ciò che i cittadini hanno indicato firmando (cioè il 42% e non il 90% del gettito), gesto già compiuto fin dall’inizio dalla Tavola Valdese che beneficia soltanto del 2% “firmato” dai “suoi” contribuenti. Questo potrebbe essere il “gesto esemplare” richiamato anche ieri in un bell’editoriale sul Corriere della Sera da Alberto Melloni: chiedere l’appianamento di un’anomalia giuridica e ottenere così due risultati, un mezzo miliardo di euro in più nelle casse dello Stato e un soprassalto di stima nei confronti di un’Istituzione religiosa la cui potenza economico/politica è inversamente proporzionale alla fiducia dei cittadini (credenti e non). Fantascienza? ab
Sono d'accordo. E' una questione di correttezza ed equità.