“Pane e spettacoli” al popolo dell’antica Roma. Il pane per molti comincia ad essere un problema, ma agli spettacoli pensa l’assessorato alla cultura. È stato reso noto il calendario della stagione 2011-2012 del Teatro Verdi – con un manifesto che è un trionfo di cattivo gusto –, e si è purtroppo confermata la tendenza a mettere in un angolo la cultura. Abbiamo amato da sempre il teatro e la musica; abbiamo atteso per decenni di avere un Teatro Verdi degno di questo nome per aspetto, risorse tecniche e capacità di ospitare compagnie di prosa, opere da camera e concerti sinfonici; abbiamo avuto la ristrutturazione, e il risultato è stato buono; abbiamo creduto che a questo punto nulla ci avrebbe impedito di assistere alla messa in scena di opere di ogni periodo, dal teatro antico all’avanguardia, senza più i limiti della sala precedente; abbiamo pregustato, fieri di potervi assistere nella nostra città, concerti del calibro di quelli a cui assistiamo nel resto della Regione e in Carinzia. Abbiamo detto fra di noi: “Quando avremo il nuovo teatro potremo ospitare degnamente gli artisti, senza il relativo imbarazzo di farli suonare nel vecchio cinema”.
Dopo tutto questo attendere e sperare assistiamo all’uso del Teatro Verdi per giocolieri, acrobati, popstar, comici, spettacoli già visti – Zuzzurro e Gaspare con la stessa “Cena dei cretini” 15-17 anni fa – e cantanti sul viale del tramonto, in un irresistibile ricerca del pubblico “facile” e che possa riempire la sala assicurando l’incasso – parole del sindaco ad una precedente presentazione, e questo è il “progetto culturale”. Senza contare la stucchevole e provinciale sottolineatura della “prima o esclusiva regionale”, oltre a tutto quando si sa anche che le compagnie fanno il rodaggio dei lavori in provincia, per limarli prima delle rappresentazioni sulle piazze più importanti.
Da quando, negli anni Ottanta, il Milan non giocava più a calcio, bensì “faceva spettacolo”, il concetto ha fatto strada. Lo stesso assessore Devetag, conferendo a Sylvain Chomet l’ultimo Premio Amidei, riuscì a lodare gli organizzatori per aver, a suo dire, fatto convivere la cultura con lo “spettacolo popolare”. Grande complimento. Poco “popolare” dev’essere stato il Puppet Festival, autentica raffinata delizia prodotta dal CTA di Gorizia, che per la prima volta dopo vent’anni non ha previsto neppure una rappresentazione nella nostra città ed è stato presentato non da noi, ma al Caffè Tommaseo di Trieste. Il direttore artistico Piaggio ha illustrato il festival in diretta a Radiotre Suite e ha ricevuto assicurazioni dai Comuni di Grado, Romans ed Aquileia, che gli stanno aprendo le porte dimostrando sempre più interesse. Cos’ha fatto il nostro Comune per trattenere il festival, per avvicinare la popolazione ad un autentico gioiello che era nostro?
Si confronti i programmi dei teatri più vicini di Monfalcone ed Udine: parlano da soli. Costoro producono occasioni culturali, noi “spettacoli”. Anzi, per Devetag Gorizia è essa stessa “città spettacolo”. Nel vortice del proprio autoincensamento lo scorso gennaio l’assessore sentenziò che la stagione del nostro Teatro Verdi era “più brillante” di quelle dei teatri vicini più ricchi. E chi lo afferma? Lui, che mai si è visto nelle sale della Regione se non quando deve o vuole prendere la parola istituzionalmente? Cosa vuol dire “brillante”? La “brillantezza” sarebbe un parametro da inseguire, e non invece un progetto culturale, la proposta di serate che seguano una sintassi artistica e non d’immagine, la crescita offerta alla cittadinanza? Non lo è, al contrario, la possibilità che si formi un pubblico consapevole in cui rimane qualcosa; che non solamente transita nel teatro, ma attorno ad esso si coagula sentendolo proprio grazie alle scelte? Non lo sarebbe forse il nominare finalmente, da noi, un direttore artistico esclusivo per la musica, visto che siamo l’unico teatro della Regione che non lo ha? Allo scorso Mittelfest – presidente Devetag – Luca Ronconi disse alla stampa: “Mai come oggi c’è bisogno di un teatro che non sia solo intrattenimento, ma forma di conoscenza; il teatro è necessario come la Sanità.”
Goriziani delusi, senza aprire bocca, hanno già scelto di frequentare le stagioni di altre sale. Noi ringraziamo Udine e Monfalcone per quanto presentano, in particolare per la musica, richiamando all’attenzione la differenza fra le espressioni usate dai relativi responsabili per presentare le proprie proposte e quelle infantil-adulatorie indirizzate al pubblico di Gorizia.
Bernardo Bressan
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