La domanda che sembra dominare le scelte e gli orientamenti di una parte consistente dell’attuale classe politica è: come realizzare il “mio” bene influenzando talmente gli elettori da far loro credere che il “mio” sia anche il “loro” bene?
Un’altra parte, meno incentrata sul proprio mero interesse, si domanda invece: come favorire il bene dei miei elettori in modo che la volta successiva rinnovino la loro fiducia?
In un caso e nell’altro viene dimenticato il “bene comune” e con esso conseguentemente i “beni comuni”: che non è (e non sono) il “mio” bene né quello del gruppo di appartenenza bensì quel “bene di tutti” che dovrebbe essere il fine da raggiungere attraverso la diversità dei mezzi proposti dai differenti programmi e progetti politici. Il cittadino elettore non dovrebbe quindi scegliere il fine bensì semplicemente il mezzo per raggiungerlo; è parte integrante del processo politico all’interno del quale trova i mezzi adeguati per esercitare la propria dignità sovrana: esercita tale suo potere non solo ma anche scegliendo i propri rappresentanti nell’ambito di una via sociale oppure liberale al “bene comune”, concretizzate dall’uno o dall’altro partito o movimento civico.
La personalizzazione dell’agire partitico è una conseguenza di tale grave dimenticanza: il “rappresentante” non si qualifica come tale perché “rappresenta” una categoria di persone che si riconosce in un’idea, bensì perché è più conosciuto degli altri grazie all’impatto emotivo costruito dai media – strumento fondamentale per la creazione e il mantenimento del consenso. Tutto ciò è stra-evidente a livello nazionale, in particolare durante la squallida (e tragica) manfrina della “manovra d’agosto” modificata quattro volte per compiacere agli interessi dell’uno o dell’altro pilastro di Potere.
Ma è un atteggiamento che si riscontra anche a livello locale: su un quotidiano un autorevole rappresentante del pd afferma che Collini è un ottimo candidato e che di fronte a un simile “nome” tutto il centro sinistra dovrebbe convergere senza neppure svolgere le “primarie”. E perché poi? Come pensi Collini di raggiungere il bene comune e di garantire i “beni comuni” per i cittadini goriziani non è per il momento dato di sapere; così come non è stato detto esplicitamente chi rappresenta, se non una generica “società civile” della quale – in un modo o nell’altro – siamo tutti parte (anche se qualche volta danno spettacolo di “società incivile” perfino i partiti fanno parte della “società civile”, a meno di un improbabile cambiamento dell’art. 1 della Costituzione e della – assai pericolosa – trasformazione della democrazia anche “rappresentativa” in solo “assembleare”).
Ben venga Collini e chiunque altro a confrontarsi nelle ormai prossime primarie: ma a confrontarsi sul bene comune dei cittadini e sui loro beni comuni, non sul proprio pedigree o sull’appeal mediatico.
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