Dieci anni dopo Genova, lo stesso copione: i mai identificati black blok a seminare tensione distruggendo incendiando picchiando, le forze dell’ordine che per troppo tempo lasciano fare, i politici di destra che strumentalizzano immediatamente accusando il clima antiberlusconiano, quelli di centro sinistra che si smarcano gridano “vergogna!”, le sirene della polizia e delle ambulanze… Per fortuna questa volta non c’è scappato il morto, ma ci sono tanti feriti alcuni dei quali non dimenticheranno mai questa triste serata romana.
Genova era all’inizio del primo decennio degli anni 2000: l’anti G8 aveva portato nel capoluogo ligure il fior fiore del pensiero contrario alla globalizzazione dei mercati in nome di quello che si pensava poter essere “un altro mondo possibile”. Quello slogan è rimasto sullo stomaco a molti, tanto che oggi suscita perfino fastidio; dopo la cruenta repressione “mirata” che segnò la fine dell’entusiasmo no-global ci furono tante battaglie perse: la tragedia dell’11 settembre e il conflitto afghano, la guerra in Iraq che insieme alla vita di decine di migliaia di persone “uccise” anche la speranza pacifista, la realizzazione dei cpt e il disinnesco delle proteste contro le leggi anti-immigrazione… E ora la crisi che accomuna l’indignazione di chi “l’aveva detto” con la rabbia di chi è messo in ginocchio.
Roma è alla fine del primo decennio degli anni Duemila, teatro di una protesta che non ha più la guida di Naomi Klein, di Serge Latouche, di Shirin Ebadi o della (quanto compianta) Wangari Maathai; ma soltanto della voglia di gridare la propria delusione nei confronti di un sistema che nessuno crede più di poter riformare. E’ una rabbia ulteriormente alimentata dal senso di ridicola impotenza nella quale ci ha trascinato Berlusconi, una rabbia che sarà sempre più difficile contenere o orientare.
Questo è il quadro che incornicia anche la campagna per le primarie goriziane, non una schermaglia a tarallucci e vino, ma una competizione tremendamente seria per decidere chi sarà il sindaco della Gorizia dei prossimi difficilissimi anni.
E' vero, i prossimi anni saranno difficilissimi, ma sembra che nessuno se ne sia accorto. Si va avanti come nulla fosse: gli archi di trionfo bianchi rossi e verdi sulla rotatoria dell'autostrada e il “vai Gorizia!” – ovviamente in inglese – sono solo due ultimi esempi di una serie di scelte politiche sbagliate, fatte a Gorizia negli ultimi anni. Le alternative ci sono, programmi concreti e fattibili anche, basterebbe vedere. Un altra Gorizia è possibile: alle primarie del 6 novembre, il primo passo per cambiare.
ps