E così, ecco la manovra. Cosa ci sia di tanto diverso dalle precedenti estive non è molto evidente. Si attinge dove si può e dove ci sono i grandi numeri, cioè in quel cosiddetto ceto medio che sta scomparendo dall’orizzonte nazionale. E, in queste condizioni, non si potrebbe in effetti fare altro: le risorse da ricuperare sono “nel poco di tanti”, non certamente nel “molto di pochi”, anche se qualche colpetto ben assestato ai più ricchi avrebbe avuto un valore almeno simbolico. Già, non c’erano alternative in queste condizioni e con un governo di tecnici professionalmente nati, cresciuti e vissuti in “questa” forma di economia e di finanza; alcuni di essi ne sono stati finora protagonisti a livello internazionale. Ma era ed è tuttora impossibile pensare un’altra via per affrontare la crisi? Ad esempio quella scelta in Islanda dopo la solenne bocciatura delle manovre anticrisi da parte dei cittadini che si sono espressi in un referendum popolare, strada non a caso vietata alla Grecia alla quale è stato imposto Papademos, il Monti di turno? Ecco, oltre all’ombra della recessione preoccupa il clima di totale sfiducia nei confronti di chi continua a chiedere sempre più accentuati sacrifici, ma non riesce a suscitare l’impressione di riuscire in alcun modo a trarre fuori l’Italia dal vicolo cieco. La serietà degli attuali governanti non è in discussione, non si possono commisurare le lacrime di un ministro che chiede grandi sacrifici con le cretinate imbarazzanti cui ci aveva abituato lo pseudo governo precedente. Ma i conti non tornano lo stesso, le ombre all’orizzonte sono sempre più scure: forse solo la creatività del popolo potrebbe portare qualcosa di nuovo. Cominciando da un rinnovamento totale dell’inetta classe politica attuale, possibile già tra una anno e mezzo, sempre che questo Governo riesca nella non facile impresa di cambiare il “porcellum” prima del referendum…
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