E’ come vivere sotto una gigantesca diga, edificata per contenere il mare della miseria che attanaglia il mondo. I più anziani ne ricordano la costruzione, dopo aver attraversato le spaventose tragedie della prima metà del Novecento. Giovani superstiti, con lo sguardo rivolto al futuro, hanno seminato campi di speranza, immaginandosi forse raccolti abbondanti di democrazia, benessere, pace, libertà, giustizia…
Le menti e i cuori sono stati inondati dalle dolci acque della dimenticanza, ben presto ci si è allontanati dallo sterminato mare intorno, se non per brevi incursioni finalizzate a rimpinguare le tasche dei già ricchi o a riempire chiese e chiesuole ormai abbandonate.
Da molti anni sono visibili le crepe che ricoprono come una ragnatela sempre più fitta l’immensa barriera, le infiltrazioni sono sempre più evidenti e i pochi che se ne accorgono si guardano bene dal lanciare l’allarme. Anzi, dopo averci concesso il divertimento di danzare incoscienti sfidando il rischio dello smottamento, ora i costruttori e i gestori dello sbarramento cercano di costruirsi nuovi rifugi più in alto.
Ci propongono di tamponare le falle sempre più vaste, di investire tutto ciò che si è accumulato nel fermare le prime cascate che annunciano il tracollo. Sappiamo bene di non avere scampo, ci si doveva pensare prima a svuotare l’invaso dalla miseria. Non ci resta che aspettare – rifugiandosi nell’anestesia del divertimento assoluto – la catastrofe finale.
O sperare che qualcuno – nuove generazioni sfuggite miracolosamente all’imposizione del Grande Fratello (quello vero!) – riesca a invertire la rotta prima dello scoglio, a riannodare i fili della rivoluzione che da decenni abbiamo ingarbugliato. Con l’auspicio che non sia già troppo tardi.
Andrea Bellavite
Non è troppo tardi…è appena cominciata. Qui si sta sulle montagne russe (!). Adesso si scende a ruzzoloni, ma tra un po' si risale.