Fasola e Blasig tornano oggi a proporre la fusione delle province di Trieste e Gorizia. Accade qualche giorno dopo la riunione di consiglio provinciale dedicata proprio all’argomento – presenti anche il vescovo e diversi sindaci – con votazione finale non unanime. Premettendo un sostanziale disaccordo sull’ipotesi Fasola/Blasig, ritengo utile tuttavia accettare il loro invito a un confronto serio e realistico.
La ventilata riduzione del numero delle province ha la finalità di contenere i costi a carico dei cittadini, pertanto non può essere contestata “a prescindere”. Anche la posizione di Romoli – “o tutte o nessuna” – non può essere facilmente sostenuta, l’intera provincia di Gorizia ha un numero di abitanti inferiore a una circoscrizione di Milano o Roma, non si può sicuramente mettere tutti sullo stesso piano.
Altra questione è quella “culturale”, legata agli eventi storici che hanno reso l’area goriziana unica nel suo essere “unita nelle diversità”: ciò vale anche per l’area geografica precedentemente amministrata dall’Impero austro-ungarico e attualmente in provincia di Udine (Aquileia, Cervignano, Fiumicello…). Ma è proprio l’ente provincia lo strumento adatto a garantire la conservazione di tale memoria identitaria (coincidente fra l’altro con gli attuali confini dell’Arcidiocesi, il che spiegherebbe la presenza dell’arcivescovo alla riunione dell’altro giorno)?
Insomma, se si vuole risparmiare da qualche parte si dovrà pur cominciare, l’ipotesi romoliana “o tutti o nessuno” sembra al momento irrealistica e tecnicamente difficile da realizzare, quella della salvaguardia ad ogni costo dello status quo sembra destinata a soccombere data la scarsa rappresentatività politica del territorio in sede regionale e nazionale; una soluzione sostenibile si dovrà pur individuare! Apriamo il dibattito…
A livello del tutto personale, tento anch'io un'ipotesi per la nostra Regione compatibile con il dettato costituzionale nel caso in cui siano abolite le province: creazione di sei aree omogenee (attuale provincia di Trieste, attuale provincia di Gorizia con allargamento alle zone ex A-U, Bassa Friulana, Udine e Friuli pedemontano, Carnia Canale del Ferro e Valli, attuale provincia di Pordenone) alle quali attribuire le competenze attualmente dei Comuni, con evidente rafforzamento del ruolo politico e di coordinamento amministrativo; trasformazione degli attuali Comuni in ambiti circoscrizionali con ruoli specifici a livello orientativo, consultivo e soprattutto di richiamo e promozione culturale; riconoscimento di garanzie di rappresentanza e particolari forme di autonomia amministrativa a valorizzazione delle comunità culturali e linguistiche numericamente minoritarie.
E' una provocazione, un invito alla riflessione e comunque alla ricerca di soluzioni nuove, originali e creative senza le quali non si potrà far altro che continuare a far di necessità ciò che si sarebbe potuto realizzare per virtù.
Andrea Bellavite
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La Regione FVG potrebbe optare per due opzioni molto più intelligenti…quella di abolire la regione come ente concreto e trasformarsi, come Trentino ed Alto Adige, in una "confederazione" di Province Autonome (PN, UD, GO e TS), oppure frammentarsi come detto da Andrea Bellavite, ma quella è un'opzione più facilmente attuabile se il FVG diventasse uno Stato indipendente.
In quel caso sarebbe interessante una frammentazione mirata, sul modello dei cantoni svizzeri. Si potrebbe così valorizzare tutte quelle aree che oggi sono abbandonate a se stesse (morte dopo lunga e lenta agonia economica, sociale e culturale), come la Val Canale, la Carnia…l'autogestione per queste zone è vitale per la loro sopravvivenza, mentre la furia accentratrice che sta colpendo tutti gli enti locali in questi mesi significa solo una cosa, la completa morte e distruzione di ogni autonomia ed identità locale.
"Il Nemico" non è Udine o Trieste…il nemico è chi, a prescindere dalla provenienza, vuole questa distruzione.
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Si dimentica che nelle regioni a Statuto speciale vige l'autonomia su questo tema.
Nel caso del Goriziano credo che la fusione con Trieste porterà alla definitiva trasformazione del nostro territorio in "entroterra" triestino, compensazione definitiva per la città in rimedio al Trattato di Osimo. In un'epoca di caduta di confini questa priorità viene ancora caldeggiata da alcuni.
Dal punto di vista elettorale, in una ipotetica provincia di Trieste/Gorizia (che di sicuro non manterrebbe a lungo questo binomio), i numeri delle due minoranze storiche sarebbero drasticamente ridotti, con conseguenze "drammatiche" soprattutto per quella friulana, definitivamente assicurata fuori dall'orbita friulanocentrica e inserita nella "Venezia Giulia" che così potrebbe riassumere di nuovo forma concreta nello Stato italiano, in barba ai sentimenti della popolazione autoctona.
Stiamo già osservando i primi effetti della calamita triestina sul nostro territorio soprattutto nel settore della sanità. Se la città di Gorizia vuole salvare la propria millenaria storia di autonomia dovrebbe cercare i numeri assieme alla popolazione della storica Contea, essendo un esempio di collaborazione transfrontaliera in Europa, e restando ancorata alla ancor più antica idea di Friuli, per la quale ha rappresentato e continua a rappresentare il secondo centro di interesse.
(scusate le mille cancellazioni!)
Michele Calligaris