Con questo intervento iniziamo una serie di riflessioni sull’urbanistica a Gorizia, un contributo specializzato offerto ai cittadini e a chi amministrerà in futuro la città. Ecco la prima puntata
L’urbanistica proprio adesso
Il sindaco Romoli, dopo aver denominato come “le nuove vie” un paio di vie chiuse al traffico delle automobili nelle quali è stata fatta ordinaria manutenzione urbana, ci racconta, sprezzante del senso del ridicolo, che “urbanisticamente eravamo da terzo mondo e ora siamo in Europa”. Invece, in un editoriale di Isonzo Soca, si legge “fanno impressione le strade deserte…trasmettono un senso di desolazione… perché si avverte che manca la gente…perché si fa il confronto con le strade affollate degli anni settanta quando la città raggiunse il dato più alto della popolazione residente…”. Ecco, c’è più urbanistica in queste righe che nelle parole e nei fatti del sindaco di Gorizia.
Ecco a cosa serve l’urbanistica: a tutelare beni culturali e ambientali, ad occuparsi del benessere, della salute, dell’accesso dei cittadini ai beni comuni e ad organizzare una città che consenta di soddisfare queste esigenze.
Crisi culturale
Che la crisi ci sia è un dato di fatto. Quando e se ne usciremo, saremo tutti più poveri, e non solo dal punto di vista economico. L’impressione è che sia proprio il sistema ad essere in crisi perché va avanti svendendo, a vantaggio solo di alcuni, beni comuni che sono proprietà di tutti e bruciando risorse ambientali (che prima o poi finiranno) e umane (tagli a retribuzioni, diritti e welfare). E poi sono sempre gli stessi che comandano. Da una ventina d’anni hanno attuato politiche che ci hanno portato a questo punto, senza mai avvisarci che si stava entrando in una crisi: anzi, negando i fatti anche quando erano evidenti. Ora ripropongono gli stessi provvedimenti, le stesse misure e gli stessi rimedi che l’hanno provocata. E la politica urbanistica, che viaggia di pari passo con la politica tout court, è in crisi al punto che oggi non conosciamo più nemmeno il significato della parola.
Altro che Europa
Le nuove vie sono a mio parere solo un brutto maquillage. La trasformazione fisica e funzionale, con i marciapiedi in pietra e la parte centrale in porfido che ribadisce il tracciato del passaggio veicolare, non mette in mostra il valore architettonico degli edifici e non rievoca come dovrebbe la storia antica di questi luoghi – per non parlare di quelle ridicole scie centrali di pietra bianca che ad un certo punto girano in tondo come impazzite solo per far contento chi le ha ideate.
Nulla è stato fatto per dare ad ogni fabbricato un carattere distinto, per valorizzarne le caratteristiche individuali e la relazione con il contesto. Quello che appare come un problema estetico è di fatto una mancanza di pianificazione urbanistica. Nelle nuove vie c’è meno vita di prima, i negozi chiudono, gli stabili sono sempre più malridotti, le abitazioni sempre più vuote. Per giunta gli edifici pubblici della zona vengono svenduti. Negozi e residenza sono andati a “crescere” altrove con il permesso e l’approvazione del Comune. Se poi si lascerà fare i cinema dell’Ikea a Villesse o il centro commerciale di via Boccaccio altro che Europa, sarà deserto: un area abbandonata e spopolata risultato di una programmazione urbanistica sbagliata.
Paolo Sergas (fine prima parte – continua)
Per me l'urbanistica è come la filosofia: morta. Chi ne parla più? Chi riesce a vedere una città se non nell'ottica di riempirla di cemento? Oggi l'immagine di cosa sarà ikea fa rabbrividire. 170 negozi, per chi? chi compra? e se compra dove butterà la roba che ha in casa? e' un vero e proprio delirio e tutti se ne stanno zitti, compresi gli ambientalisti. Il programma del Forum deve avere questa riflessione al centro della sua analisi. Grazie Paolo di essere sopravvissuto all'estinzione!