Continua il viaggio nell’urbanistica a Gorizia, con la guida esperta di Paolo Sergas. Sesta puntata…
Giorgio Napolitano: “non lasciamo ai ragazzi un debito da pagare”
Gli esempi citati nell’ultimo post ci dicono che una visione d’insieme della città e del suo futuro non esiste, e che il Comune invece di proporre una sua politica, va avanti seguendo le iniziative estemporanee delle imprese e delle banche. Ci dicono anche che la crisi economica si lega a questo uso e consumo dell’ambiente e dei beni comuni; uso e consumo che finisce per generare più spese per tutte le famiglie (abitazioni sempre più care, obbligo di spostarsi in auto, consumare benzina e pagare parcheggi blu, servizi pubblici anche questi sempre più cari).
Ma tutti questi lavori che vengono oggi decisi e di cui gli amministratori si vantano, sono anche degli impegni economici presi per conto nostro. Impegni che faranno presto a trasformarsi in debiti che le prossime generazioni saranno costrette a pagare.
Olimpiadi? No, grazie.
Quando il governo ha comunicato la sua decisione di non sostenere la candidatura di Roma ai giochi olimpici del 2020 ci si è persino stupiti: Monti aveva espresso le sue perplessità ma il sistema economico è talmente schiavo del mercato speculativo che avrebbero potuto vincere gli ‘ecomostri’. E invece hanno vinto i nostri. Vinto! Si fa per dire, basta avere il coraggio di dire: “No, grazie.”. Non ne abbiamo bisogno, come non abbiamo bisogno del TAV e della funicolare al castello.
Con questo non si vuol certo elogiare la politica di Monti. Se ricordiamo che in Italia una decina di punti di Pil si sono trasferiti dai salari dei lavoratori ai profitti e alle rendite e guardiamo le dichiarazioni dei redditi dei componenti del governo pubblicate in questi giorni, possiamo notare subito che gli investimenti dei ministri sono solo finanziari e immobiliari e non in attività reali dove lavorano concretamente le persone. Il modo con il quale i ministri utilizzano i loro denari è in perfetta sintonia con quanto si è accennato in “soldi fa soldi” nel post nr. 2. Si può sperare che il governo Monti faccia una politica diversa?
Corruzione
Storicamente parlando il mercato ha sempre condizionato le decisioni pubbliche di pianificazione urbanistica ma, almeno fino agli anni ’80, era chiaro che era il Comune a decidere le regole nell’interesse della collettività. Dopo, come abbiamo già visto, tutto è cambiato: l’iniziativa di una trasformazione della città è passata ‘all’esterno’, al proprietario dell’area, al progettista importante, all’amico dell’amministratore. Questi di solito fanno i loro interessi. Così, dalla trasformazione di un’area urbana, alla collettività non restano che le briciole, quando va bene, o un danno, quando va male. Capita che all’amministratore vada una bella tangente e chi propone l’intervento si pappa tutto il grosso dell’affare.
La Corte dei Conti racconta in questi giorni che, a vent’anni da tangentopoli, nulla è cambiato e che la corruzione dilaga. Non è semplicemente una questione morale e non è corretto limitarsi a dire che si è sempre rubato. Si può agire concretamente invece di pregare che diventino tutti più buoni. Quel che può e deve cambiare è il rapporto tra pubblico e privato. Perciò non servono misure moralisticamente più severe; serve un ripensamento su ciò che è il ruolo del pubblico (e del privato) riattribuendo al primo i compiti di cui è assegnatario per definizione: un Comune dovrebbe governare la città in funzione dell’interesse collettivo e senza fare accordi, dotandosi di quegli strumenti urbanistici che gli permettono di pianificare al meglio la città.
Paolo Sergas (fine sesta parte – continua)
Perdirindindina, pofferbacco, accidempoli, io ero rimasto alle telenovelas sudamericane, alle soap-opera, a Dallas e alle infinite puntate del Tenente Colombo, ma qui siamo di gran lunga meglio!
dl
Gli interventi sono interessanti e rappresentano delle idee concrete per quanto riguarda non solo o non tanto i lavori pubblici, ma la visione generale di una città come bene comune e non proprietà privata delle lobbi dei costruttori o dei politici che si fanno gli affari propri.Mi piacerebbe che ai discorsi si opponessero discorsi, magari diversi, ma ragionamenti. Cosa si vuole? Quali opere pubbliche? Che idee ci sono sulle grandi opere messe in discussione anche nel resto d'Europa? Altrimenti aspettiamo che decidano gli altri e confermiamo che non siamo in grado di governare, perchè, come si diceva un tempo, la nostra "agenda politica" ha le stesse scadenze, impegni e scala di valori di quell'altra.