Mettiamoci per un momento nei panni degli abitanti di un Paese occupato da una forza militare che ufficialmente si propone di favorire il ripristino della legalità e di portare la democrazia (così fu detto al momento dell’invio delle truppe quasi dieci anni fa – anche italiane – in Afghanistan e così la retorica militare continua a sostenere anche oggi).
Ebbene, nel Paese alcuni militari “liberatori” fanno vilipendio dei cadaveri, bruciano clamorosamente i libri sacri, adesso entrano nelle case dei civili e uccidono senza pietà donne e bambini inermi… Sarebbe difficile frenare l’indignazione: si pensi per esempio che l’Italia è protagonista di un caso diplomatico che accende gli animi con l’India accusata di trattenere contro le regole internazionali due militari italiani “che svolgevano il proprio dovere” (ma accusati di aver ucciso due pescatori indiani).
La strage di ieri è davvero opera di un pazzo? A giudicare dai racconti della gente, ma anche di autorevoli giornalisti europei, sembra proprio di no: e se il vero obiettivo di questi terribili gesti fosse il presidente Usa Obama, reo di gettare acqua sul fuoco delle troppo frequenti guerre in Medio Oriente? A chi può interessare seminare pretesti per una purtroppo probabilmente inevitabile recrudescenza della tensione, vendette da stroncare con una violenta rappresaglia militare?
Solidarietà con le famiglie degli indifesi colpiti dai soldati omicidi e auspicio che questa guerra spesso dimenticata non sia davvero “infinita”, come l’aveva definita Bush all’indomani dell’11 settembre 2001.
Il soldato era pazzo, i marò hanno visto male, ma non sarebbe meglio fare qualche visita medica prima che certi prendano le armi?